RIBELLARSI E' GIUSTO

ne servi ne padroni

Odio gli indifferenti

"Credo che vivere voglia dire essere partigiani. Chi vive veramente non può non essere cittadino e partigiano. L'indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli indifferenti. Antonio Gramsci

UN GIORNO NON PUO' VIVERE SENZA LA SUA UTOPIA...

Così l’uomo deve vivere andare senza frontiere come bambini dietro un aquilone Correre giocare ridere vivere Non girare mai il volto anche quando a te non tocca Amare questa terra dove nel nostro cuore sventola rossa come il sole il simbolo di una nuova era Cammina uomo E va senza tempo Ridere amare lottare e poi infine invecchiare E passerà per questa terra come una luce di libertà

lunedì 21 dicembre 2009

[ Corteo No Ponte ] Franco l'hanno ucciso


Segue il comunicato dei compagni e delle compagne dell'università di Cosenza sul corteo No Ponte di ieri a Villa San Giovanni, sulla vergognosa coda della giornata plasmata dall'inefficienza e dall'incapacità delle forze dell'ordine. Dopo il suo energico intervento sul palco, con il quale aveva voluto lanciare un solo messaggio "Solo la lotta paga! Dobbiamo lottare e non cercare scorciatoie!", Franco Nisticò è stato colpito da un malore: palese assenza di qualsiasi struttura di pronto intervento, rivoltante confusione alimentata dalle forze dell'ordine. Dopo tempo prezioso, che è costato la vita a Franco, un'ambulanza è arrivata. Lasciato passare il mezzo, una buona parte della piazza, di pancia, si è riversata contro l'impressionante schieramento di polizia e carabinieri ancora dispiegato, rabbia e insulti contro chi ha fatto pressione come una morsa durante tutto il corteo e poi non è stata in grado di far arrivare un'ambulanza per salvare la vita a Franco, ma ha fatto solo confusione negli improvvisati soccorsi. La tensione è salita altissima, la polizia in una decina di secondi si è ritirata dalla piazza, inseguita dai manifestanti. Ciao Franco.

Ieri, 19 dicembre, migliaia di persone hanno percorso le strade di Villa San Giovanni per manifestare la loro contrarietà al ponte. Un corteo che esprimeva un solo no, ma tanti si. No al ponte, simbolo di un modello di sviluppo che ha fallito. Tanti Si alla soluzione delle questioni irrisolte nella nostra terra: disoccupazione, precarietà, criminalità, dissesto idrogeologico, abusivismo edilizio. Tutti temi che non fanno parte dell'agenda politica di una classe dirigente lontana dai bisogni reali del territorio. Proprio quel giorno è stato possibile constatare, ancora una volta, la drammatica verità delle nostre ragioni: l'obsolescenza del sistema di viabilità regionale, la totale inefficienza del sistema sanitario e l'inesistenza dei servizi pubblici primari. Abbiamo visto con i nostri occhi quanto sia precaria la vita stessa nella nostra terra.

Prima di diventare l'ennesima vittima di questa precarietà, anche Franco stava esprimendo dal palco la propria rabbia e la propria indignazione rispetto a tutto ciò, e la sua emozione nel vedere tanti giovani presenti e attivi nella lotta. Riteniamo inaccettabile quello che è successo a Cannitello. Non si può leggere il lutto che ci ha colpito come una semplice fatalità. Crediamo che questa morte poteva essere evitata, crediamo che questa morte doveva essere evitata; così come crediamo che ci siano dei responsabili a questo OMICIDIO! Proprio Franco, quel compagno che da anni si batteva per la messa in sicurezza della SS 106, quel Compagno che lottava affinché non ci fossero altre giovani vittime su quella che è stata ribattezzata "la strada della morte", ha pagato con la vita il prezzo della propria lotta! Era questo il concetto di sicurezza per il quale Franco si batteva: sicurezza come tutela della vita!

Le misure di "ordine pubblico e sicurezza" messe in atto da prefettura e questura, invece, si fanno espressione dell'arroganza di uno Stato che preferisce salvaguardare l'integrità di vetrine e negozi piuttosto che la vita stessa di una persona, di un manifestante, di un Compagno. Ci trattano come se fossimo della belve feroci da controllare, da seguire, da addomesticare, da reprimere, da uccidere, o peggio... da lasciare morire. Chi ci controlla, ieri, si è preoccupato di far alzare elicotteri in cielo, di pattugliare lo stretto con motovedette, di far calpestare le strade dagli anfibi militari, di portarsi dietro mezzi blindati, lacrimogeni e idranti, ma non si è curato minimamente di predisporre un servizio di pronto intervento medico, di nient'altro che vada al di là del "protocollo militare". Ci chiediamo perché in una manifestazione nazionale non siano state garantite e disposte le misure minime di soccorso medico. Non erano presenti ambulanze nel momento d'emergenza, così come invece era previsto. Le "forze dell'ordine" non sono state in grado di gestire la situazione facilitando le operazioni di soccorso e la confusione è stata contenuta solo ed esclusivamente grazie al "buon senso" dei manifestanti. Non possiamo fare a meno di pensare che, in quel momento, sarebbe stata sufficiente la presenza di almeno un'ambulanza per evitare questa tragedia, per evitare di perdere un altro Compagno.

Si perché Franco era questo: un Compagno! Non era semplicemente come molti giornali scrivono: un esponente del "Comitato per l'SS 106". Battersi per l'ammodernamento della "statale della morte" è stata solo l'ultima parte del suo lungo percorso di lotte. Franco era un antirazzista, uno di quelli che tra i primi, sia come cittadino che come sindaco, si è battuto per l'integrazione della comunità kurda a Badolato, ha accolto ed aiutato chi era in difficoltà, consapevole che la solidarietà umana non può essere subordinata ad un permesso di soggiorno. È stato un sindacalista attivo nelle lotte per il lavoro e la dignità della nostra gente. Uno di quelli che non si tira mai indietro, uno di quelli convinti che siamo noi a scrivere la nostra storia nelle piazze e nelle strade, con le nostre mani e le nostre menti. Uno di quelli abituati ad urlare la propria degna rabbia. Franco Nisticò è stato e sarà sempre uno di noi!

Le compagne ed i compagni dell'UniCal

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