RIBELLARSI E' GIUSTO

ne servi ne padroni

Odio gli indifferenti

"Credo che vivere voglia dire essere partigiani. Chi vive veramente non può non essere cittadino e partigiano. L'indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli indifferenti. Antonio Gramsci

UN GIORNO NON PUO' VIVERE SENZA LA SUA UTOPIA...

Così l’uomo deve vivere andare senza frontiere come bambini dietro un aquilone Correre giocare ridere vivere Non girare mai il volto anche quando a te non tocca Amare questa terra dove nel nostro cuore sventola rossa come il sole il simbolo di una nuova era Cammina uomo E va senza tempo Ridere amare lottare e poi infine invecchiare E passerà per questa terra come una luce di libertà

lunedì 28 giugno 2010

sabato 26 giugno 2010

Da un lato potere e ricchezza, dall'altro dignità e libertà


Il modello non era nuovo, celebrava un trentennale, anno 1980, sempre Fiat, stessi moduli, perfino la marcetta dei disponibili, e questa volta dei ricattati. Sotto il pullover sono rispuntati Valletta e Romiti, dei bei tempi Cinquanta e Ottanta. Qualcuno sa che a Nola c’è un reparto confino, dove vengono spediti gli insubordinati di Pomigliano? La Fabbrica che si intitola a Gianbattista Vico ripropone corsi e ricorsi.

La notizia qual è. E’ che questa volta gli è andata male. E gli è andata male per il solo merito di quel 40% di operai che hanno detto: non ci stiamo. E per il solo altro merito di quella Fiom, che si voleva sconfiggere una volta per tutte, ultimo residuo di una conflittualità operaia, estrema espressione fuori tempo di quella novecentesca – e oggi dire novecentesca è come dire medioevale – lotta di classe. Insomma, l’hanno voluta mettere sul piano simbolico e sul piano simbolico hanno rimediato una sconfitta. Guardate come arretrano i grandi organi di opinione: ma forse c’è ancora un problema lavoro, ma dunque c’è lavoro materiale e non solo immateriale, ci sono tute blu e non solo camici bianchi, c’è il salario e non solo partite Iva.

Eppure il punto da mettere in evidenza non è questo. Chi se ne importa di quello che dicono. Il fatto da cui bisognerebbe ripartire è questo nuovo livello di conflitto emerso nella vicenda, che loro hanno evocato e che quegli eroici «no» hanno rovesciato: da un lato ricchezza e potere dall’altro dignità e libertà. Da un lato l’arroganza di chi credeva di avere tutto nelle proprie mani, dall’altro chi ha rivendicato l’indisponibilità di alcune cose precise. Voi mettete 700 milioni e io vi dico che non mi vendo per questo, non metto a vostra disposizione la mia persona, rischio il lavoro ma tengo la testa alta e la schiena dritta. Una lezione. Non morale, ma politica. Viene da quel mondo. E apre una nuova frontiera a una sinistra moderna. Non direi tanto lavoro e diritti. Direi di più lavoro e persona. Quel referendum in quel modo, sotto quelle condizioni, come ricatto sulla vita, sull’esistenza delle persone, non andava accettato. Era dovere di tutta la Cgil, era dovere di tutto il partito democratico, mettersi di traverso. Mi interessano qui meno gli sbreghi alla legalità, che pure c’erano, erano gravi e vanno ancora denunciati. Quel referendum era politicamente illegittimo. Era finalizzato a mettere gli operai contro la loro organizzazione e a mettere gli operai contro altri operai. Esito questo ancora presente, se dovessero emergere reali pericoli per l’occupazione. Adesso bisogna ricostruire una unità di lotta e costringere il padrone a trattare. La Fiat oggi è più debole e meno lucida, come si è visto dalle prime reazioni. E il governo non ha proprio niente da dire. Bisogna non aspettare, passare all’attacco, come sindacato generale e come partiti politici, proporre soluzioni e far cadere la discriminante anti-Fiom. E’ il programma minimo.

Il problema non è il Cavaliere, il problema è il Cavallo, e cioè questo modo d’essere che occupa le nostre vite e che osa sempre di più per avere un comando assoluto, modo d’essere di privilegi intoccabili, di poteri arroganti, di ingiustizie palesi, di sistema di leggi eterne, oggettive, dicono, nei cui confronti non c’è niente da fare se non piegarsi e obbedire. Ascoltateli questi «no» di Pomigliano: segnano il «che fare» per un’operazione forte di un grande partito a vocazione alternativa.

Mario Tronti da Il Manifesto

giovedì 24 giugno 2010

Questa è la lotta del secolo. Diamoci da fare.

Ora ci attende una nuova lotta. Dura e laboriosa.
Il vero nocciolo del discorso è rendere il costo del lavoro uguale ovunque. Visto che si parla di globalizzazione, bisogna ricambiare con la stessa moneta.
I sindacati occidentali devono lavorare ed aiutare molto anche sovvenzionandoli, i sindacati cinesi ed orientali in genere. Questa è la vera battaglia di questo secolo. Non sarà facile, ma la strada deve essere questa.

Poi vediamo questi capitalisti dove si attaccano... si attaccano al c****.

mercoledì 23 giugno 2010

Chi ha votato No è un eroe

Lavorare SI, servi No.

Marchionne, Mercegaglia, Bonanni e Sacconi, lavorateci voi alle condizioni di ricatto che volete imporre agli operai di Pomigliano.

Chi ha votato No a Pomigliano è un eroe. Grazie ragazzi.


Gli operai di Pomigliano siano d'esempio a molti altri lavoratori sfruttati e sottopagati. Pensiamo ai lavoratori dei call center, delle pulizie, dell'edilizia e del commercio.

E' ora, è ora, è ora di lottare.

lunedì 21 giugno 2010

L'Ue obbliga la pensione a 65 anni per le donne? Falso

Non è assolutamente vero che l'Europa impone che le donne italiane vadano in pensione a 65 anni, come invece viene motivato in modo infondato non solo dal governo, ma dalla più parte dei media. Com'è che invece l'informazione non solleva alcun dubbio?
I pronunciamenti di Commissione e Parlamento europeo non riguardano l'innalzamento dell'età, ma sono fondati sull'esigenza di non discriminare il lavoro femminile, giacché tutte le ricerche denunciano retribuzioni e pensioni inferiori a quelle maschili. Con la direttiva 79/1978, l'Europa salva infatti la possibilità per gli stati di stabilire età di pensione differenti tra uomini e donne; e comunque l'Unione non può intervenire sull'età stabilita dai paesi membri. Può, invece, chiedere conto di atti discriminanti, come «obbligare» le donne ad andare in pensione prima: perché, in presenza di un regime legato ai contributi, porta a un rendimento ridotto.
Esiste dunque una questione di parità, ma non riguarda l'età. Nella «Piattaforma di Pechino» i governi si erano piuttosto impegnati a esplicitare l'impatto delle politiche economiche in termini di lavoro pagato e non pagato e di accessi al reddito delle donne. E il Consiglio Europeo di Lisbona, nel marzo 2000, fissava l'obiettivo del pieno impiego attraverso un miglioramento quantitativo e qualitativo dell'occupazione e il diritto fondamentale al lavoro di uomini e donne. Nel diritto comunitario, del resto, la tutela antidiscriminatoria è da sempre un architrave, che col Trattato di Amsterdam del 1998 è divenuto un principio fondamentale.
I dati ufficiali mostrano invece che siamo ben lontane da una parità retributiva, quindi economica, sociale e politica. Questo il quadro: fino a 20.000 euro, 48% donne e 52% uomini; da 20.000 a 40.000, 27% donne e 73% uomini; da 40.000 a 60.000, 20% donne 80% uomini; da 60.000 a 80.000, 15% donne 85% uomini; da 80.000 a 100.000, 12% donne 88% uomini; oltre 100.000, 10% donne 90% uomini.
Il differenziale retributivo uomo/donna si attesta su una media del 23%. Il gap per le retribuzioni nette annue delle donne va da 3.800 euro per i dipendenti a tempo indeterminato agli oltre 10 mila degli autonomi. Gli uomini hanno in media redditi superiori in tutte le forme contrattuali: 23% nel lavoro dipendente, 40% in quello autonomo, 24% per le collaborazioni.
Il lavoro delle donne nei 14 paesi più avanzati per un terzo è lavoro pagato e per due terzi è lavoro non pagato. Mentre tre quarti del lavoro degli uomini è pagato ed un quarto no. Quindi, è il peso dell'ineguaglianza di genere nella distribuzione del lavoro non pagato che determina le condizioni materiali delle donne nel lavoro produttivo a tutti i livelli. Ciò mentre rimane un carico di lavoro famigliare non retribuito: all'Italia appartiene infatti il primato del tempo dedicato dalle donne al lavoro familiare. Lisbona auspica il raggiungimento nel 2010 di un tasso di occupazione femminile del 60% in tutti i paesi. I nostri tassi di occupazione femminile risultano inferiori a quelli medi dell'Ue per ogni classe d'età e non solo rispetto all'Europa a 15, ma anche rispetto alle recenti adesioni. L'Italia infatti è, dopo Malta, il paese con i più bassi livelli di occupazione femminile di tutta l'Ue.
Quanto poi alle anziane e pensionate, due dati sono confermati in tutte le aree del paese e in tutti gli enti previdenziali: il 76% dei trattamenti integrati al minimo (cioè sotto i 500 euro mensili) riguarda le donne (2,6 milioni) e le donne mono-pensionate sono il 64,8% del totale, con un importo medio annuo di circa 7.300 euro. Si aggiunga che solo l'1,2% delle donne arriva ad avere 40 anni di contributi, il 9% arriva a una contribuzione fra i 35 e i 40 anni e ben il 52% è al di sotto dei vent'anni. Il che la dice lunga su ogni ipotesi di elevamento dell'età pensionabile per le donne, che attualmente in Italia avrebbe solo l'effetto di peggiorare le condizioni per quelle poche che riescono ad andare in pensione con una vita lavorativa consistente alle spalle.
Prima di omologarsi ad una stramba idea di parità, ci piacerebbe che almeno il sistema dell'informazione desse conto di questa condizione in modo documentato. E forse scopriremmo che quella della disparità tra differenti è l'unica uguaglianza e una battaglia politica che val la pena di fare.
Rosa Rinaldi

mercoledì 16 giugno 2010

Fiat Pomigliano: una delle peggiori schifezze firmate da un sindacato

L'accordo di Pomigliano rappresenta una delle peggiori schifezze mai firmate da un sindacato: questa è la sola ed immediata considerazione da fare rispetto a ciò che sta avvenendo nella vicenda FIAT.
Il ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi ha affermato che  "l'accordo di Pomigliano ….. è un accordo che farà scuola ….”. Da questa dichiarazione si comprende quale sia veramente la posta in gioco.
Non soltanto i contenuti pesantissimi che prevedono un peggioramento sostanziale delle condizioni di lavoro: 18 turni che significa lavorare anche domenica notte e 120 ore di straordinario, la riduzione dei riposi e l'aumento dei ritmi, la pausa mensa a fine turno con possibilità  di trasformarla in straordinario qualora per  cause esterne non si raggiungesse la produzione stabilita, la decisione di non pagare l’indennità di malattia se si supera un certo livello di assenze.
Ma come se ciò non bastasse, anche un nuovo attacco al diritto di sciopero  e alla contrattazione: punizioni, fino al licenziamento, per i lavoratori che aderissero ad astensioni dal lavoro nelle ore di straordinario e sanzioni pesanti per i sindacati che proclamano agitazioni.
L'accordo insomma prevede che il sindacato debba assicurarne l'applicazione, pena la decadenza dei diritti sindacali previsti dalla legge e dai contratti e che i lavoratori che protestino o scioperino su questa materia possano essere licenziati!
Un vero e proprio ricatto inaccettabile!
Se con la sottoscrizione dell'accordo sul nuovo modello contrattuale di tre anni fa Cisl, Uil e Ugl modificarono strutturalmente il loro ruolo, assumendo quello che ancora il Ministro Sacconi ha  denominato “collaborazione”, se con la vertenza Alitalia le stesse organizzazioni sindacali sperimentarono l'adesione preventiva alle necessità presentate dalle controparti, con l'accordo di Pomigliano si avalla il superamento dei contratti, della legge, del diritto di sciopero, della libera manifestazione del dissenso e di fondamentali principi sanciti della costituzione.
La Fiom, dopo il no all'accordo, deve prendere una decisione che non può essere quella che la Cgil prese in Alitalia o in tanti contratti sottoscritti in questi ultimi mesi con i medesimi contenuti e meccanismi per i quali non si era sottoscritto l'accordo quadro sulla contrattazione.
Nella vertenza Fiat l’ Unione Sindacale di Base è pronta, come sta facendo in tutte le vertenze e in tutti i settori produttivi, a sostenere una battaglia sia sui bisogni concreti dei lavoratori, sia sui principi che devono essere tutelati e preservati.


martedì 15 giugno 2010

Radio Padania...

... esulta al gol del Paraguay
http://www.lastampa.it/multimedia/multi ... tipo=AUDIO

Al 2 Giugno non si presenta nessun leghista, Zaia non fa suonare l'inno di Mameli all'inaugurazione di una scuola,e via di questo passo.
Meno male che sono al governo dell'Italia.

Si ma loro sono tra il popolo, peccato che negli ultimi 10 anni ne hanno passato 8 a governare e il popolo sta messo peggio di prima.

sabato 12 giugno 2010

spintonando insieme a te... Toro



con la voce insieme a te... toro
con le mani insieme a te... toro
saltellando insieme a te...  toro
spintonando insieme a te ... toro

comunque vada sempre insieme a te... TORO

venerdì 11 giugno 2010

Povera vita mia



"e tutto questo non è CAPITATO ma è stato PENSATO PROGETTATO E REALIZZATO dal padronato in combutta CON l'APPARATO DECISIONALE DELLO STATO ... è EVIDENTE IL DISEGNO CRIMINALE O NO? O SONO IO CHE SONO PAZZO?!"

lunedì 7 giugno 2010

Ci va coraggio a rapire un bimbo di 3 ore!


Finta infermiera rapisce neonato
Nocera, c'è l'identikit: "E' italiana"

Una donna si è introdotta nell'ospedale della cittadina campana e ha preso con sè un piccolo di nome Luca (nella foto) nato da appena quattro ore: alla madre ha detto che lo avrebbe portato al nido. E' il figlio di un maresciallo dell'esercito: "Spero sia una folle, ridatemi mio figlio". Si cerca una ragazza bruna sui 35 anni alta all'incirca un metro e settanta.

Repubblica