RIBELLARSI E' GIUSTO

ne servi ne padroni

Odio gli indifferenti

"Credo che vivere voglia dire essere partigiani. Chi vive veramente non può non essere cittadino e partigiano. L'indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli indifferenti. Antonio Gramsci

UN GIORNO NON PUO' VIVERE SENZA LA SUA UTOPIA...

Così l’uomo deve vivere andare senza frontiere come bambini dietro un aquilone Correre giocare ridere vivere Non girare mai il volto anche quando a te non tocca Amare questa terra dove nel nostro cuore sventola rossa come il sole il simbolo di una nuova era Cammina uomo E va senza tempo Ridere amare lottare e poi infine invecchiare E passerà per questa terra come una luce di libertà

sabato 30 aprile 2011

1 Maggio Torino - Dentro e contro il 1 Maggio di campagna elettorale e negozi aperti.

Il primo maggio che ci hanno preparato per quest'anno vorrebbe essere una sfilata pre-elettorale in cui precari-sudenti-lavoratori sono previsti solo come spettatori del passaggio di testimone da celebrare in pubblica piazza tra il sindaco delle Olimpiadi e chi si candida a sostituirlo.
Un filo giallo lega questi due personaggi, nella città che è stata teatro dell'ultima offensiva marchionniana: il prostrarsi supini al dettato del padrone, ancora una volta obbedienti ai voleri di Casa-Fiat, l'unico vero potere che conta in città, anche se si tratta di una multinazionale ben piazzata nei mercati finanziari globali, disincarnata dalle pesanti vestigia del passato modello produttivo.
Mentre in alcune province la Cgil compie la scelta  di sfilare senza i sindacati gialli Cisl e Uil, a Torino ci fanno sapere che tale opzione a casa nostra è decisamente fuori questione: c'è da festeggiare, "tutti insieme appassionatamente",  i 150 anni dell'Unità d'Italia. Un'Italia, ci dicono, “unita dal lavoro”.
Proprio quando tante dovrebbero essere le ragioni per scendere in piazza in forme decisamente non-rituali né compatibili, ecco che il sindacato sceglie invece, contro ogni logica (fosse anche quella della sua sopravvivenza - oggi non più scontata), di mantenere un profilo basso, accettare di sfilare insieme a chi ogni giorno firma contratti separati sulla testa dei lavoratori, in combutta con un padronato sempre più aggressivo e sfacciato
Solo la lotta paga! Oggi come ieri non c'è altra lezione da trarre. Siamo qua per ribadirlo, riaffermando un programma di antagonismo sociale, autonomia da partiti e istituzioni, contro-potere da organizzare. Davvero, non c'è altra strada possibile. Ce lo insegnano le popolazioni in lotta della primavera araba e i movimenti che si fanno strada imparando a lottare senza cedimenti né rassegnazione. Anche questo primo maggio, ripartiamo da qui per andare oltre.

Come al solito: ore 9 Piazza Vittorio, spezzone antagonista.

venerdì 22 aprile 2011

Io, commessa invisibile a Roma costretta a lavorare il 1 Maggio

Cristina, una giovane addetta alle vendite che il giorno della festa dei lavoratori dovrà stare in negozio, come molti altri, perché la giunta capitolina ha stabilito che il commercio non si ferma, scrive al sindaco


"Caro Alemanno ti scrivo.
Sì, ti scrivo per esprimere il punto di vista di un'addetta vendita (laureata, che parla 3 lingue), in merito alla decisione di tenere i negozi aperti domenica 1 Maggio, Festa dei Lavoratori. Forse tu non sai cosa voglia dire lavorare nel commercio. Provo a spiegartelo io. 

Vuol dire dimenticarsi di cenare a un orario normale con la tua famiglia, perché se il negozio chiude alle 21.00 o alle 22.00 arrivi a casa in "seconda serata".

Vuol dire non avere un weekend col proprio fidanzato, col proprio marito, coi propri figli perché il sabato e la domenica per te non esistono.  In compenso hai il tuo giorno di riposo in mezzo alla settimana quando invece tuo marito lavora e i tuoi figli sono a scuola.

Vuol dire sorridere davanti ai telegiornali, quando senti che in parlamento si discute animatamente se tenere o meno gli uffici chiusi per festeggiare i 150 anni dell'Unità d'Italia. Sai già che tu non rientri in questo discorso. Sai già che se gli altri italiani festeggiano, tu, italiana come i parlamentari, lavorerai. Magari con una coccarda tricolore appesa alla divisa, ma lavorerai.

E questo discorso vale per molte altre festività civili o religiose che siano (1 novembre, l'8 dicembre, il 6 gennaio, il 25 aprile, il 2 e 29 giugno, il 15 agosto). Per te queste sono solo date. Quasi ti scordi che cosa simboleggiano. Per alcuni rientra in questo elenco anche il 26 dicembre e il lunedì dopo Pasqua.

Questo è il settore del commercio: dove la vendita è lo scopo, il cliente è la preda, il dipendente è lo strumento. E lo strumento deve essere sempre disponibile. Io l'ho accettato, consapevole di questi sacrifici, per necessità. Non ho mai detto nulla e mai mi sono lamentata. Fino ad oggi

Il 1 Maggio a Roma c'è la beatificazione di Papa Giovanni Paolo II. Evento eccezionale, certamente, ma che altrettanto certamente non deve intaccare la possibilità di festeggiare l'unica festa nazionale civile rimasta al lavoratore commesso: la festa del lavoro. E il mio non può considerarsi di certo uno di quei mestieri che non conoscono riposo in quanto fortemente necessari al cittadino come può essere il medico, l'infermiere, il poliziotto. Il mio è quello di commessa di abbigliamento. Un bene che non è certo di prima necessità. Io non offro servizio al cittadino. Io offro lo sfizio. E il 1 maggio un turista può rinunciare allo sfizio.
Liberalizzare il 1 maggio  non significa "favorire quel lavoratore che vuole lavorare", come ritiene il presidente della Confcommercio capitolina Cesare Pambianchi. Significa favorire il datore di lavoro che fa lavorare il dipendente. E se è vero che il dipendente può rifiutare la prestazione lavorativa richiesta dal datore di lavoro, è altrettanto vero che come effetto quest'ultimo ci metta un attimo a porre fine al tuo contratto quasi sempre malato di precarietà cronica.

Grazie a te, caro Alemanno, magari i turisti saranno più contenti ma metà dei tuoi cittadini, quegli anonimi invisibili commessi del centro storico, a cui voi politici chiedete ogni volta se per loro c'è qualche "convenzione" straordinaria per avere degli sconti... ecco, loro lo saranno un po' meno.

Auguri e buone feste".

Cristina
(25 anni)

Repubblica

martedì 19 aprile 2011

Il Governo dell’imbroglio cerca di stoppare il referendum contro il nucleare

Con una mossa, a dire il vero nient’affatto inattesa, il Governo sta cercando di eliminare dalla tornata referendaria il quesito riferito al nucleare.
Ha infatti presentato  un emendamento all’articolo 5 del decreto Legge Omnibus in discussione al Senato - nel quale si prevedeva la moratoria per l’individuazione dei siti per la costruzione delle centrali nucleari, moratoria decisa all’indomani del disastro di Fukushima – nel quale si stabilisce che  non si procede alla definizione ed attuazione del programma di realizzazione di impianti di produzione di energia elettrica nucleare.
E’ una mossa dettata da più motivi, in primo luogo la consapevolezza che dopo il disastro giapponese il referendum contro le centrali nucleari nel nostro paese aveva ottime possibilità di vittoria.
Nonostante, infatti, il tentativo di gran parte dei mass media di relegare nelle ultime pagine, o di nascondere addirittura, l’evolversi della catastrofe , la settimana scorsa  è divenuta di dominio pubblico la notizia che l’incidente di Fukushima aveva raggiunto il livello 7 , lo stesso di Chernobyl di cui quest’anno si celebra il 25° anniversario.
L’AIEA, l’agenzia internazionale per l’energia atomica, ha determinato la sua classificazione da catastrofe locale a globale, con la radioattività che pervade l’atmosfera  e ricade a terra, con le immaginabili conseguenze dal punto di vista della salute pubblica.
Il Governo ha tenuto all’oscuro i cittadini sui rischi della radioattività solo per boicottare il referendum.
 Ma dopo le immagini della centrale giapponese con il tetto scoperchiato e i reattori fusi, dopo le notizie sull’inquinamento del mare e l’impossibilità dopo oltre un mese di risolvere il problema, la vittoria al referendum poteva apparire sicura dando così un colpo pesante al programma nucleare.
Un altro motivo non secondario che spinge il governo a questo imbroglio è la consapevolezza che il tema del nucleare avrebbe contribuito al raggiungimento del quorum anche per gli altri  referendum, quelli per l’acqua pubblica e sul legittimo impedimento, tema quest’ultimo molto caro a Berlusconi mentre sulla privatizzazione dell’acqua e dei beni e sevizi pubblici punta molto la  Confindustria per attingere a profitti sicuri.
Dovremo mobilitarci con molta forza, al massimo dei nostri sforzi, insieme a tutte le forze sociali, ai comitati che con chiarezza hanno detto no al nucleare, dando chiara indicazione di voto, per bloccare il governo degli imbrogli, per superare il vuoto d’informazione che circonda i referendum e portare alla vittoria i SI.

lunedì 18 aprile 2011

Ventimiglia: il treno della dignità.

Solidarietà ai tunisini che vogliono oltrepassare il confine italiano per recarsi in Francia. Si fa la guerra per esportare democrazia e libertà e poi quando questi valori si possono esprimere in casa, vengono rinnegati.
Circolano liberamente le merci, non vedo perchè non possano circolare liberamente le persone. Per un mondo senza frontiere.

sabato 16 aprile 2011

venerdì 15 aprile 2011

Per Vittorio, un compagno come pochi.

Alla fine Vittorio non ce l'ha fatta. Il suo corpo è stato trovato privo di vita ieri notte dalle forze di sicurezza di Hamas, soffocato dai suoi rapitori. Si è avverato purtroppo quello che tutt* scongiuravamo e ritenevamo totalmente privo di senso, umanamente e politicamente. Questo assassinio è un atto contro il popolo palestinese e un favore insperato per il suo nemico dichiarato, lo stato di Israele, oggi facilitato nel mostrare al mondo il presunto fanatismo dei palestinesi di Gaza. La cosa insopportabile è che oggi sentiremo parole dolci di circostanza e lacrime di coccodrillo versate da uomini che Vittorio lo detestavano. Ciò che fa più male, è il suo essere diventato martire per mano palestinese. Chi ha conosciuto Vittorio in questi anni sa quanto era "preparato" (se lo si può essere) alla morte. Ci conviveva quotidianamente, visitando e aiutando le vittime dei tanti raid israeliani, sentendo fischiare a pochi centimetri del proprio corpo i proiettili israeliani che i cecchini di Tsahal sparavano per divertirsi ai contadini e pastori che Vittorio e altri scudi umani internazionali accompagnavano nelle loro uscite.

Chi l'ha ucciso è un nemico del popolo palestinese. Lo stanno dicendo da ore i post che in rete, su facebook e gli altri social network, testimoniano l'amore che il popolo di Gaza e tanti altri uomini e donne in giro per il mondo, stanno dimostrando per Vittorio, riconoscendo in lui un compagno prezioso e un testimone insostituibile. La frase più tipica che potete trovare in questi messaggi è questa: "Vittorio era più palestinese di chi l'ha sequestrato".
Il coraggio e l'umiltà che lo contraddistinguevano erano quanto di più lontano dall'olografia celebrativa e sterile dell'eroe senza paura. Nei suoi racconti, nelle sue preziose testimonianze, non nascondeva mai gli effetti traumatici e terrorizzanti del vivere assediato in una terra percorsa dalla guerra. Raccontava con grande semplicità le paure e le tensioni dell'essere bersaglio mobile dei cecchini israeliani o vittima statistica di una bomba piovuta dal cielo. La sua stessa fisicità, il tono della sua voce, erano in qualche modo testimonianza vivente e concreta degli orrori perpetrati da Israele contro il popolo palestinese. Confessava senza falsi pudori la paura del corpo che trema sotto i bombardamenti e l'essere afflitto cronicamente da disturbi da stress post-traumatico, la condizione  "normale" dei/le palestinesi della Striscia.
Una testimonianza molto umana la sua. "Restiamo umani" era infatti il sigillo con cui chiudeva ogni sua corrispondenza.

Oltre alla grandezza della figura umana, vorremmo qui ricordare anche lo spessore politico della sua persona. Vittorio si definiva e riconosceva nella pratica della resistenza non-violenta. Ma questa sua scelta di condotta e disciplina era quanto di più lontano dall'abito comodo di tanti personaggi che ne adottano la veste per appoggiare poi una guerra no e due sì. Distante anni-luce dal pacifismo moralizzatore, quello della solidarietà pelosa e inconcludente che alle nostre latitudini fa tanto rima con compatibilità. Vittorio era prima di tutto incompatibile con un mondo che permette tragedie come quelle vissute dal popolo palestinese. La sua non era una scelta morale che pretendeva d'insegnare o evangelizzare chi praticava altre forme di lotta e opposizione al crimine israeliano. Mai una volta che gli fosse scappata di bocca una condanna o un'insopportabile "equidistanza". Vittorio sapeva sempre chi erano le vittime e chi i carnefici. La sua scelta, per quanto intrisa di una spessa eticità, era soprattutto l'opzione politica che giudicava migliore e più efficace per portare avanti il suo lavoro quotidiano. Nessuna traccia di presunzione o superiorità morale nel suo agire.

Oggi il popolo palestinese e noi tutti perdiamo un compagno di strada, un collaboratore, un amico prezioso. La sua è una morte che pesa come una montagna, lo sanno per primi gli uomini e le donne della Striscia di Gaza che nelle prossime ore gli tributeranno un omaggio come pochi altri. Anche se politicamente si dovrebbe dire il contrario, sappiamo tutt* fin troppo bene che la sua morte lascia un vuoto al momento insostituibile.

Ciao Vittorio, che la terra ti sia lieve
La redazione di Infoaut.org

giovedì 14 aprile 2011

Processo breve: ringraziano in molti!

processi che saltano:Thyssen Krupp Torino, Casa dello Studente l'Aquila, strage di Viareggio, morti per amianto Fincantieri di Palermo, Parmalat, Ilva di Taranto, Cirio, i fatti della Clinica Santa Rita di Milano,i parenti delle vittime ringraziano Silvio Berlusconi per l'ingiustizia che verrà portata avanti grazie alla prescrizione breve ! 

giovedì 7 aprile 2011

I distinguo a sinistra.

Dedicato ad un amico.

Il male della sinistra è la costante necessità di distinguersi l'uno dall'altro e di fare a gara a chi è più intransigente.
Dirò di più, molte volte quasi si gode a fare le vittime e le pecore nere per poter dire: solo io mi sono battuto per la verità, come me non c'è nessuno. Guai a fare fronte comune con chi la pensa in maniera più o meno simile, anzi l'altro, quello che dovrebbe fare fronte comune con te, bisogna far di tutto per additarlo come l'altra sponda. Solo io resterò il paladino della giustizia e della verità.
Peccato che riducendosi all'atomo e restando da soli, non si otterrà mai niente. Si potrà raccontare però ai nipoti che si è sempre stati una minoranza della minoranza e che mai ci si è smossi da li.
Quello che manca alla sinistra è il gioco di squadra, anche quando ci si mette con buone intenzioni si arriverà sempre ad una scissione.
Scissione che sicuramente farà perdere l'idea per cui ci si batte. Dopo, quando si perde perchè ci si ritrova soli, si è pronti nel dire: sono rimasto solo e come sempre ho fronteggiato Golia da solo.

Nasce spontaneo rispondere: ma dov'eri quando si cercava di tessere una battaglia comune, cambiando anche strategia in corso in risposta dell'evolversi della situazione? Cercavi a tutti i costi di fare la prima donna sminuendo l'alleato o gli alleati come non combattivi solo perchè non hanno scelto la tua strada ma ne volevano una comune.

Bene, se le varie anime della sinistra non sono capaci di sedersi intorno ad un tavolo per raggiungere la retta via in comune, avremo sempre un manipolo di avanguardie e di combattenti che non andranno che contro i mulini a vento, venendo meno a quello che è il vero ideale della sinistra, e cioè l'unità.

Il simbolo del comunismo è il pugno chiuso, ma qualcuno sa il significato di questo simbolo?
Vuol dire tutti diversi come le dita delle mani, ma tutti uguali e uniti come un pugno chiuso.

Ecco cos'è la sinistra che intendo, di prime donne non ne abbiamo bisogno.

Con affetto.

martedì 5 aprile 2011

Per il Pdl di nuovo legale il partito fascista?!

Così sembrerebbe a leggere il disegno di legge costituzionale presentato in questi giorni in Senato da Cristiano De Eccher del Pdl, secondo cui sarebbe giunta l’ora di eliminare quell’obsoleta norma costituzionale che vieta la ricostituzione del partito fascista. Quando si dice il governo del fare, eh?

Ma chi è questo prode paladino della logica che si batte solo in nome del fatto che una cosa o è “transitoria” o è “definitiva”? Intensa attività politica dentro Avanguardia Nazionale, “un’organizzazione politica della destra estremista ed eversiva italiana, fondata nel 1960 da Stefano Delle Chiaie e disciolta, legalmente, nel 1976″, di cui è stato responsabile per il Triveneto. Ruolo di coprotagonista nell’inchiesta sulla bomba di Piazza Fontana a Milano, che il 12 dicembre 1969 provocò la morte di 17 persone (e il volo da un davanzale della questura di un innocente, Pino Pinelli): ecco chi è Cristiano De Eccher.

Forse non ci siamo capiti cari fasci:

sabato 2 aprile 2011

Mi chiedo: cosa vuol dire "umanitaria"?

Guerra Umanitaria. Cosa sarà mai! Probabilmente il fatto che si bombardano i cattivi in Libia, quindi umanitaria perchè così ci togliamo di mezzo un pezzo di umanità, da quì il nome umanitaria.
Siamo talmente umanitari che quando le stesse persone che difendiamo in Libia come in Tunisia ecc. si permettono di venire in Italia come in Europa le accogliamo a braccia aperte. Le accogliamo così bene che le trattiamo come carne da macello. E devo dire che anche i paesi d'origine trattano con i guanti bianchi i propri connazionali (sempre umanitariamente parlando). E si, si fa a gara su chi accoglie prima quelli che dovevamo/dobbiamo difendere dai tiranni vari. Una volta liberati dai tiranni e quindi una volta che i paesi dittatoriali si ergono a democrazia anch'essi fanno una gara umanitaria. Per fare un esempio concreto, vedo che i tunisini liberi e cioè quelli che tutti hanno aiutato affinchè spezzassero le catene dell'oppressore, vengono trattati così umanamente che vengono segregati prima su un'isola in Italia, poi rimbalzati alla frontiera italo/francese, poi respinti dalla Tunisia che li rinnega e poi altro ping pong tra regioni italiane. Praticamente nessuno vuole questi uomini liberi, alla faccia della politica umanitaria.
In questa storia ho capito che di umanitario c'è solo il petrolio e il gas e che tutti fanno a gara a chi è più bravo ad essere umanitario.

Ora spiego perchè bisogna essere contro la guerra: Signori basta guardare la storia per vedere che la guerra non fa mai gli interessi dei popoli, ma sempre quello dei potenti.

Per quanto riguarda invece il governo italiano: il gioco oggi è farci vedere queste persone come "invasori", come pericolosi, concentrarli in grossi gruppi affinchè l'impatto sia più dirompente per costruire conflitto e paura con la popolazione italiana.

No alla guerra e solidarietà con i popoli in lotta.