RIBELLARSI E' GIUSTO

ne servi ne padroni

Odio gli indifferenti

"Credo che vivere voglia dire essere partigiani. Chi vive veramente non può non essere cittadino e partigiano. L'indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli indifferenti. Antonio Gramsci

UN GIORNO NON PUO' VIVERE SENZA LA SUA UTOPIA...

Così l’uomo deve vivere andare senza frontiere come bambini dietro un aquilone Correre giocare ridere vivere Non girare mai il volto anche quando a te non tocca Amare questa terra dove nel nostro cuore sventola rossa come il sole il simbolo di una nuova era Cammina uomo E va senza tempo Ridere amare lottare e poi infine invecchiare E passerà per questa terra come una luce di libertà

lunedì 31 gennaio 2011

In Calabria la più grande percentuale di mafiosità d'Italia

L’indice di densità criminale nelle attività illecite di una parte della popolazione è stimato al 27%, a fronte del 12% in Campania, del 10% in Sicilia e del 2% in Puglia

“Dalle indagini in corso è risultato che in cittadine di 10-15 abitanti vi sono 300 o 400 affiliati ai locali di ‘ndrangheta, numero che probabilmente oggi si raggiunge con difficoltà in una città come Palermo. L’indice di densità criminale in Calabria, cioè il coinvolgimento, a vario titolo, nelle attività illecite di una parte della popolazione è stato stimato al 27%, a fronte del 12% in Campania, del 10% in Sicilia e del 2% in Puglia”.

Durante l’inaugurazione dell’anno giudiziario di Reggio, il procuratore capo Giuseppe Pignatone ha snocciolato numeri che devono far riflettere. La ‘ndrangheta è un fenomeno nazionale di cui il governo deve farsi carico, non solo quando è il momento di arrogarsi i meriti degli arresti dei latitanti o delle brillanti operazioni antimafia.

Il leit-motiv della cerimonia in riva allo Stretto è stata “la carenza degli organici” che riguarda più o meno tutti gli uffici giudiziari. Un problema a cui, secondo Pignatone, devono aggiungersi “le difficoltà oggettive dell’azione di contrasto alla criminalità organizzata”. A partire dalla forza numerica ed economica delle cosche calabresi.

La ‘ndrangheta è una forza che supera di gran lunga le altre organizzazioni criminali italiane: Una presenza talmente massiccia che non trova “riscontro nelle altre organizzazioni mafiose operanti in Italia”. Nella sola provincia di Reggio Calabria, quasi in ogni agglomerato urbano, “la ‘ndrangheta trae la sua forza non solo dalla potenza militare ed economica, ma anche dal radicamento sul territorio e dal consenso sociale”, dice Pignatone.

“A Rosarno siamo più di 250, – dice il boss a un affiliato – ci sono settimane che non ne facciamo ma l’altra sera ne abbiamo fatti sette, le nuove piante… Cicciareddu, sette nuove piante… i figli di Vincenzo tutti e tre”.

“Questo – spiega il procuratore Pignatone – è un dato quantitativo che per la sua rilevanza diventa un dato qualitativo della potenza e pericolosità delle cosche di ‘ndrangheta e della loro capacità di condizionare la vita di una città”.

Per comprendere i numeri è sufficiente fare il paragone con Bagheria, paese in provincia di Palermo che, nel momento di massimo “splendore” criminale del boss Provenzano, contava 50 uomini d’onore su 58 mila abitanti.

Ecco perché, gli oltre 250 ‘ndranghetisti di Rosarno su 10-15 mila abitanti possono essere considerarti un esercito sempre pronto a rigenerarsi. A cambiare pelle, ma non l’anima. Un esercito, quasi il 2% della popolazione rosarnese, che agisce localmente, ma pensa in maniera internazionale.

Sempre secondo Pignatone, “per effetto dei processi di globalizzazione dei mercati e della necessità di spostare persone e merci sul territorio dell’Unione europea, la ‘ndrangheta ha costituito basi operative anche fuori dai nostri confini, anche grazie alle differenze di legislazione e della minore efficienza di alcune strutture di contrasto estere”.

Anche la relazione del presidente della Corte di Cassazione Ernesto Lupo parla di ‘ndrangheta: “E’ necessario assumere l’espansione della ‘ndrangheta come emergenza nazionale, apprestando gli indispensabili rimedi di potenziamento straordinario del settore investigativo e giudiziario, ai quali non possono essere lesinate le necessarie risorse economiche”.

di Lucio Musolino

domenica 30 gennaio 2011

Socialismo o barbarie

Il vecchio slogan “Socialismo o barbarie” è più che mai attuale, e in tutto il mondo molti continuano a pensare che l’unica alternativa alla follia del liberismo selvaggio siano le idee di emancipazione, giustizia sociale e democrazia sostanziale che si ritrovano nelle pagine scritte dai grandi teorici del socialismo e nelle esperienze storiche del movimento operaio e popolare.
Non sono sufficienti però il ricordo e la celebrazione del passato, che pure hanno il merito di preservare una memoria storica, rafforzare un’identità collettiva e mostrare che non tutti si sono arresi al “pensiero unico” neoliberista. Bisogna guardare al futuro e impegnarsi nella costruzione di un’alternativa al passo con i tempi.
I grandi movimenti rivoluzionari hanno vinto quando, spesso a seguito di pesanti sconfitte, sono riusciti a interpretare la realtà e a creare i presupposti per trasformarla.
Qui possiamo solo suggerire alcuni spunti di riflessione, sperando di stimolare la voglia di approfondire certi temi, di discuterli collettivamente e di “sperimentarli” nell’impegno concreto.
La nostra è l’epoca dell’insicurezza, intesa come precarietà lavorativa ed esistenziale, assenza di prospettive, disorientamento di fronte ai rapidi cambiamenti della realtà sociale. È necessario  ricostruire una “sfera pubblica” e reti di protezione sociale, dimostrando che l’unico strumento praticabile di autodifesa collettiva e di trasformazione della realtà è la politica, intesa come passione e solidarietà.
Tutto il contrario di una politica basata sul funzionariato e su burocrazie inamovibili che per autoriprodursi abbandonano sistematicamente ideali e legami con la propria base. Né servono leader “mediatici” che si propongono come salvatori della patria nella logica di un sistema politico al cui interno non può nascere nessuna alternativa.
Un’organizzazione politica ha senso solo se nasce dall’esigenza di soggetti sociali e movimenti diversi di mettere in rete tutte le proprie conoscenze ed esperienze per costruire un progetto di trasformazione radicale della società.
Che abbia radici nel locale e un respiro globale, perché oggi non è possibile pensare a un’alternativa se non in termini globali. Che sappia comunicare utilizzando in modo intelligente i nuovi media e scelga metodi di lotta che siano in grado di raggiungere obiettivi concreti e non solo di garantire una visibilità.
Tutto questo non può che nascere dall’incontro tra varie correnti di pensiero: marxista, ecologista, libertaria... Molti ecologisti si sono ormai resi conto che si può uscire dalle grandi crisi ambientali solo “consegnando il capitalismo alla storia”; il marxismo dal canto suo ha sempre privilegiato il tema dello sviluppo delle forze produttive, ma oggi il concetto di “sviluppo” deve fare i conti con la questione della sostenibilità.
Inoltre il socialismo è legato all’idea della pianificazione dell’economia e della gestione pubblica di settori strategici come i trasporti, l’educazione, la sanità, l’energia...
Ma la pianificazione, se viene intesa come controllo statale centralizzato, spesso porta con sé autoritarismo, burocrazia, inefficienza, corruzione.
È necessario quindi riprendere il concetto del controllo operaio sulla produzione e bilanciare la pianificazione centralizzata con forme di autogestione, strumenti di partecipazione popolare, di democrazia diretta e di decentramento.
Tutto questo dibattito qui in Italia è oggi particolarmente arretrato, e per questo sarebbe opportuno alzare lo sguardo oltre confine e guardare ad esperienze che oggi sono un po’ più avanzate. In particolare è molto interessante il dibattito sulla transizione al socialismo in corso nei Paesi progressisti dell’America Latina, un continente che pochi decenni fa era quasi totalmente schiacciato da dittature militari e dove oggi si è avviato un processo di liberazione che costituisce una grande speranza per il futuro.
Nello Gradirà
tratto da Senza Soste n.56

...Azione diretta (continuazione)

La storia è piena d'esempi di radicali che arrivano al potere, e diventano come i politici che hanno rimpiazzato, oppure più conservatori; qualunque governo è sotto la pressione di due potenze, la burocrazia statale ed il mondo dell'alta finanza. Questo assicura che qualunque tentativo di cambiamento sociale, sarà bloccato grazie agli investimenti mancati ed al lavoro della burocrazia.
Supponiamo che riesca ad andare al governo un gruppo abbastanza riformista, questo si troverebbe di fronte vari problemi e pressioni economiche. Il capitale non farebbe investimenti, ed il governo dovrebbe fare passi indietro per evitare il collasso economico, oppure se il governo bloccasse l'uscita di denaro dal paese, rimarrebbe presto isolato economicamente, rendendo la propria moneta molto debole. In tutti i modi, il fallimento è assicurato, perché come già sottolineato, qualunque governo dipende dal capitale, e quindi subisce la volontà di questo capitale. Quindi, qualunque governo con qualunque persona alla guida, deve prima accontentare il capitale e poi il popolo, perché il contrario non sarà mai permesso.
Il voto "democratico" attuale è la contrapposizione dell'azione diretta, perché votando deleghi qualcuno a pensare per te. Il voto toglie il potere alla gente, regalando la "leadership" a qualcun altro: proprio il contrario di quello che si dice comunemente. I partiti rispecchiano la divisione tra il lavoro manuale e mentale, e quindi sono necessari per il sistema capitalista. Osservando la situazione attuale delle "democrazie" moderne, trovo sorprendente che la gente continui a votare a legare le proprie speranze ai nuovi partiti che spuntano ogni giorno o ai vecchi partiti riformati. Il problema non sta nei politici o nei partiti, ma nel sistema che li forma a sua immagine, emarginando la gente e costringendo i politici a scelte non personali. Nemmeno un milione di partiti nuovi potranno cambiare questo. Quindi, il voto implica soltanto il mantenimento dello stato attuale delle cose, perché nessun partito, persona o ideale può riformare lo stato burocratico.
Ci insegnano da una giovane età che il voto è "un diritto ed un dovere", giustificando moralmente le elezioni con parole come "responsabilità civile". Ma questa è soltanto demagogia e paura che il popolo si svegli, obbligando questi "parassiti" a lavorare come il resto del gente. Chi è al potere, necessita dell'appoggio del popolo, e quindi ci bombarda con frasi tipo "diritto e dovere" di votare, cosi mantenendo i privilegi. Il voto è sempre stato la morte della idee rivoluzionarie. I partiti politici sono radicali soltanto quando non hanno la possibilità di essere eletti.
Chiaramente, il non voto in sé, porterà soltanto apatia, e quindi il non voto va abbinato all'azione diretta, altrimenti ha pochissima utilità, tranne il dissociarsi dal sistema attuale. Bisogna ribellarsi contro qualsiasi forma di potere. Propagandare il nostro ideale di libertà. Incominciare a costruire luoghi di autogestione e di creatività.......
Il sistema elettorale non può tutelare o rappresentare l'elettorato, indipendentemente da quale partito assuma il potere.

sabato 29 gennaio 2011

Azione diretta ...

Usando le parole di Rudolf Rocker, azione diretta è: ogni metodo di guerra immediata dei lavoratori (o altre persone nella società) contro i loro oppressori economici o politici. Tra questi le più note sono: lo sciopero, in tutte le sue forme, dalla lotta per gli stipendi allo sciopero generale; il boicottaggio; il sabotaggio in tutte le sue forme; occupazioni; propaganda antimilitarista, e in casi particolarmente critici, (...) resistenza armata della gente per proteggere la propria vita e libertà.
L’azione diretta non è applicabile soltanto sul luogo lavorativo, deve avvenire ovunque con mancati pagamenti di affitto e tasse, boicottaggio di certi prodotti, occupazioni, impedimento di costruzioni per motivi ecologici ecc... Semplicemente, azione diretta significa agire da solo senza aspettare che qualcuno lo faccia per te, poiché solo agendo direttamente le cose possono cambiare.
Quindi, rifiuto l’idea che la società sia statica, e che le coscienze delle persone, le loro idee ed ideali non possano essere cambiate. L’azione diretta provoca una trasformazione degli stessi che la fanno, perché agendo per se stessi, oltre a soddisfare la propria voglia di libertà, dimostrano che ogni cosa è possibile, se esiste la volontà per farla. Liberandoci dalle catene mentali, ci rendiamo conto che tutto è possibile, collaborando ed agendo direttamente.
Grazie all'azione diretta ci siamo liberati dalla schiavitù dei secoli passati, e con questa forza diretta abbiamo anche ottenuto le cosiddette "libertà civili". Usata bene da un grosso numero di persone, permetterà di raggiungere qualunque meta prefissata. Azione diretta e movimenti come il sindacato, possono essere utilizzati per sviluppare l’intelligenza rivoluzionaria del lavoratore e cosi assicurare l'emancipazione tramite esercizio. Azione diretta è in contrapposizione al sistema di suffragio politico. Non solo è più utile del voto, ma oltretutto, il voto "democratico" attuale non cambierà mai nulla, perché lo stato ed il capitalismo non possono essere riformati...

giovedì 27 gennaio 2011

mercoledì 26 gennaio 2011

Occupata la sede Uil di Torino. Noi stiamo con chi lavora non con chi sta al potere.

Dire NO oggi, scegliere da che parte stare e impegnarsi nella lotta vuol dire ripartire da quel poco che abbiamo per costruire l'altro di cui abbiamo bisogno. Schierarsi al fianco dei lavoratori della Fiat, come a quelli Pomigliano nei mesi scorsi, significa oggi combattere una battaglia che non si esaurisce nelle singole vertenze o nelle singole fabbriche, ma che si concretizza nella generalizzazione della lotta, per dar voce a chi tra studenti, lavoratori e precari si vede sempre di più levar tempo, risorse, capacità, in poche parole, il proprio futuro.

Con questa nostra azione vogliamo sottolineare, se ancora ce ne fosse bisogno, come il tempo della concertazione sia finito, lo dimostrano i fatti e il fallimento di questa classe dirigente, politica e sindacale, sempre più rinunciataria e al ribasso, a cui la vicenda Mirafiori ci ha messo di fronte. Il futuro è di chi, con coraggio, lotta e fa i propri interessi ed è proprio con questo spirito che rilanciamo la partecipazione allo Spezzone Sociale dello sciopero del 28 gennaio.

martedì 25 gennaio 2011

mercoledì 19 gennaio 2011

lunedì 17 gennaio 2011

Riprendiamo il discorso referendum Fiat. No non li giustifico

Parlando con diverse persone, ho notato che in esse c'è una giustificazione verso gli operai che a Mirafiori hanno votato Si. C'è il mutuo da pagare, il figlio da mandare all'università, l'altro figlio ultratrentenne che vive ancora con mamma e papà, ecc. ecc.
 Personalmente non li giustifico. Sarà forse che tra il 46% dei No, non ci sia gente che abbia le difficoltà dette sopra? Sarà forse che tutti i promotori del no vivono di lusso e brindano a champagne e caviale? Se così fosse, perchè fanno gli operai? Sono masochisti?
No, hanno una dignità da difendere e l'hanno difesa. Non finirò mai di ringraziarli.
Saranno i tempi, sarà la pigrizia, sarà il berlusconismo, sarà quello che volete, ma si è persa la coscienza di classe. In molti hanno dimenticato che essere operai (nel senso più ampio del termine), non è una vergogna. Appartenere al ceto medio-basso, non è avere la peste. Si offre manodopera in cambio di un salario, ma non per questo bisogna svendere i propri diritti.
Questi servi del Si, come pensano un domani di dare un avvenire ai loro figli? Giocando sempre al ribasso? E come potranno mai mantenere i loro figli all'Università se non avranno i soldi e il tempo per seguirli nella loro crescita. Cosa insegneranno ai loro figli: che va bene adeguarsi alla logica del ricatto? Alla logica del più forte?
E allora non lamentiamoci della mafia, perchè la mafia usa gli stessi metodi.
Diciamolo forte: siamo un popolo culturalmente mafioso e ci piace esserlo.
Spiegatemi perchè la Germania ha accorpato 50 milioni di persone ed ha il pil di gran lunga superiore al nostro, mentre noi abbiamo una classe dirigente politica al soldo dei mafiosi? Perchè noi per essere global, dobbiamo diventare come i minatori italiani che andavano a lavorare in Belgio, e in Francia un operaio guadagna più di operaio italiano e lavora 35 ore a settimana?
No, non li giustifico.

E' fidanzato da due anni.

Quante dicerie. Io so che il Berlusca è fidanzato da due anni.
Dico: Ma quando avete sentito la notizia, non vi siete sbellicati dalle risate?

domenica 16 gennaio 2011

Pane e libertà. Onore a Di Vittorio

Dedicato a tutti quegli esseri inutili che calano le braghe davanti a tutto e tutti.
Vergognatevi. Voi che avete votato Si a Mirafiori, siete solo dei servi.

sabato 15 gennaio 2011

Oggi sono triste

A caldo ho dato la colpa agli impiegati, ma ora a sangue freddo, dico che oggi è un giorno triste per i lavoratori tutti. Lo è per gli impiegati del si come per gli operai del si. E se gli impiegati si possono "giustificare" perchè non stanno in catena di montaggio ma vedranno lesi anch'essi i loro diritti, gli operai che hanno votato si si devono solo vergognare e sputarsi in faccia.
Poi la si può leggere come una vittoria perchè il 46% non è cosa da poco e anche chi ha votato si nella maggior parte dei casi si è visto ricattato, ma nel complesso oggi torniamo agli anni 50. Altro che progresso!

venerdì 14 gennaio 2011

giovedì 13 gennaio 2011

mercoledì 12 gennaio 2011

Dov'è finita la dignità dello Stato Italiano e della sua Politica?

Già, proprio come da titolo. Com'è possibile che in uno Stato "democratico" come quello italiano, si permette ad un'azienda di fare il bello e il cattivo tempo sulla vita e sulle condizioni di molti lavoratori? Mi riferisco alla FIAT
( una volta sui muri di Torino si leggeva MAFIAT), la più grande azienda italiana che ancora una volta si permette di ricattare operai, politici e Stato italiano, con l'arroganza che l'ha sempre contraddistinta. Un'azienda che con la scusa del ricatto di lasciare migliaia di operai per strada ha sempre ottenuto convenzioni dallo Stato italiano. Ora la stessa azienda ha alzato il tiro. Non solo si permette di ricattare, ma addirittura detta le condizioni di lavoro.
Uno Stato forte con dei politici all'altezza avrebbero dovuto impedire questo stato di cose attuali. E' inammissibile che si permette l'arretramento di diritti in campo del lavoro ( prima o poi torneremo alla schiavitù), per un tozzo di pane. Ritorno al caporalato legalizzato dallo Stato italiano e dai politici tutti.
Una vera politica avrebbe risposto "picche" all'arroganza di Marchionne e della "famigghia". Avrebbe intrapreso altre strade. Due in particolare: avrebbe statalizzato l'azienda e poi avrebbe cercato capitali stranieri e prodotto auto non italiane, ma con lavoratori italiani.
Invece siamo quà ad aspettare l'esito di un referendum illegittimo e con uno Stato ed una politica che fa il tifo per un'azienda privata e non per l'interesse comune e la dignità dei propri cittadini.

lunedì 10 gennaio 2011

Contagio di allucinazioni: da Repubblica ai tg vedono tutti le BR

L'allucinazione, si sa, è un calcolo combinatorio della mente che connette elementi sbagliati credendoli realtà. In anni lontani questo potere era principalmente relegato all'assuzione di sostanze stupefacenti più o meno portatrici di potere allucinogeno.
Oggi, senza apparente assunzione di sostanze, questo potere è tutto nella stampa e nei tg. I fatti: dalla prima serata sia i siti dei maggiori quotidiani che i tg dell'ora di cena parlando di scritte brigatiste (in modo più o meno velato a Torino).
Siamo nella settimana che precede il referendum di Mirafiori e bisogna caricare la vigilia. Rappresentando un Marchionne assediato dal montante terrorismo, di cui le scritte sarebbero prova, e suggerendo che chi gli vota contro sarebbe fiancheggiatore delle nuove BR.
L'ignoranza di Repubblica e dei tg però è sovrana e l'allucinazione regredisce presto a botta presa bevendo troppo Barbera. Le stelle a cinque punte non sono cerchiate, brand brigatista d'eccellenza, e non ci sono scritte che minaccino qualcuno od annuncino campagne militari. Solo uno slogan ironico sulla produzione d'auto in Cina ed in Italia.
Insomma si può parlare di brigatismo quanto di calata dei vegani (nel senso di abitanti di Vega) su un centro commerciale di Torino. Questo genere di propaganda, isterica e dozzinale, sarebbe quella che viene chiamata informazione democratica. Il bello è che questo referendum, senza informazione e dibattito, sarà celebrato come uno strumento di democrazia. Al confronto le votazioni di Xfactor o dell'Isola dei Famosi sono modelli aurei di democrazia.
Senza soste