Ricordo ancora quei giorni, da Torino arrivavano notizie agghiaccianti, i compagni di Mirafiori ci raccontavano che i delegati di fim uilm fismic e ugl volantinavano un documento dove si diceva che l'accordo di Pomigliano era nato per dare delle regole a quei lavoratori del sud ( i soliti napoletani) che non rispettano le regole, e che quell'accordo non sarebbe mai stato esteso ne esportato.
Oggi la fiat annuncia che quell'accordo,proprio quello di Pomigliano, verra' esteso a tutti i 70mila lavoratori del gruppo.
Da quel giorno tante cose sono successe. C'è stato il referendum di Pomigliano quello a Mirafiori, c'è stato il 16 ottobre il 28 gennaio c'è stata l'unità con gli studenti con i movimenti, c'è stato un risveglio dei lavoratori che avevano capito fin da subito cosa stava accadendo.
Quello contro cui ci si opponeva non era solo un insieme di regole che aumentava i ritmi di lavoro ( e gia' questo avrebbe giustificato momenti di lotta importanti) ma ci si opponeva ad un nuovo modello di relazioni padrone-operaio.
Ci si opponeva all'idea che per lavorare in questo paese bisognava rinunciare a tutti i diritti conquistati in anni di lotta, compagni in ogni parte d'Italia lottavano per il diritto ad un contratto nazionale che ci rendesse realmente tutti uguali indipendentemente dalla posizione geografica, il diritto ad ammalarsi senza essere giudicati da una commissione ( la famosa santa inquisizione made in fiat), si lottava per il diritto a poter avere una vita sociale al di fuori dei cancelli di una fabbrica, si lottava per IL DIRITTO A POTERSI RIBELLARE QUANDO SI SUBIVA UN INGIUSTIZIA!!! IL DIRITTO A POTER DIRE NO!!!!!
Ma in questa lunga battaglia fiat ha trovato validi alleati perchè sapeva che da sola non c'è l avrebbe mai fatta, senza l'appoggio determinante di sindacati consenzienti e collusi e di una classe politica impegnata a pensare a come preservare il propio orticello, relegando i lavoratori sullo scalino piu' basso della societa', fiat non sarebbe mai passata.
Ricordiamo bene le parole di pseudo-sindacalisti e criminali-politici, bisogna lavorare...c'era chi voleva stendere un tappeto rosso a marchionne, chi si diceva con lui senza se' e senza ma.....
Noi non abbiamo dimenticato niente ed oggi 21 novembre 2011 quelle parole riecheggiano nelle nostre teste, rimbombano quei silenzi dinanzi alle richieste di chi lavora e butta il sangue nei luoghi di lavoro.
Queste persone sono complici e coautori di un delitto, esportare il modello Pomigliano significa esportare un reato....noi tutti ricordiamo la sentenza del tribunle di Torino che dice a chiare lettere CHE QUEL CONTRATTO NASCE CON L UNICO SCOPO DI FARE FUORI LA FIOM DALLE RELAZIONI SINDACALI.
Nasce per far fuori il dissenso.
Il contratto di Pomigliano a prodotto solo false promesse ( ancora oggi l'80% dei lavoratori sono in cassa) e ha messo nelle mani di fiat un mezzo di selezione del personale che farebbe invidia ad una qualsiasi dittatura sud americana.
Vari lavoratori lamentano minacce ed intimidazioni da parte dell'azienda che li avvicina dicendogli chiaramente che per rientrare in fabbrica bisogna cancellarsi dalla FIOM.
Tanti sotto enormi presioni lo hanno fatto e comunque non sono mai stati richiamati per far parte della nuova società.
I pochi lavoratori che sono stati chiamati per fare i corsi (SENZA INTEGRAZIONE AL REDDITO, CIOE' ANDARE IN FABBRICA A SPESE PROPRIE!!! X GENTILE CONCESSIONE DEI FIRMATARI!!!) sono costretti a non marcare il cartellino e se qualcuno osa fare domande sul perche' di tale comportamento o chiede se casomai gli succedesse qualcosa dove risulta che lui era a lavoro, viene avvicinato dai capetti di turno ed invitato a cambiare atteggiamento, pena la non riassunzione.
ECCO QUESTA E' FABBRICA ITALIA, CHIUSURA DI STABILIMENTI ( TERMINI IMERESE IRISBUS, CNH MODENA), MINACCE E REPRESSIONE.
QUESTO E IL MODELLO CHE VIENE ESPORTATO OGGI, E IN TUTTO QUESTO NOI SAPPIAMO BENE CHI SONO I COLPEVOLI E CONOSCIAMO BENE CHE STRADA PRENDERE QUALE COMPITO CI ASPETTA.
LA LOTTA NON E' CERTO FINITA DOBBIAMO CONTINUARE A LOTTARE ANCORA PIU' DECISI ANCORA PIU' CATTIVI, SE FIAT CISL UIL E ALTRI LACCHE' PENSANO CHE CI ARRENDIAMO SI SBAGLIANO DI GROSSO.
I LAVORATORI DI QUESTO PAESE HANNO GIA DATO PROVA IN PASSATO DI SAPERSI DIFENDERE E CONTRATTACCARE!!!
SE FIAT VUOLE ESPORTARE LA REPRESSIONE NOI ESPORTIAMO LA LOTTA DA MIRAFIORI A POMIGLIANO FINO IN SICILIA UNIAMOCI E RIPRENDIAMOCI LE NOSTRE VITE LA NOSTRA LIBERTA', LA NOSTRA DIGNITA'!!!
FORZA COMPAGNI CERTAMENTE SARA' PIU' DURA MA SICURAMENTE NON E' FINITA!!!
ALLA LOTTA!!!!!!!!!
Il 10 Marzo 1923 il Consiglio dei Ministri approva finalmente il decreto legge relativo alla riduzione della giornata lavorativa. Il
disegno di legge sugli orari, presentato dal socialista Filippo Turati, viene recepito dal Regio Decreto Legge n° 692, che stabilisce le 8 ore giornaliere di lavoro e le 48 ore settimanali, oltre a prevedere 12 ore di straordinario, da effettuarsi previa comunicazione all’Ispettorato del lavoro. Questo fondamentale atto legislativo, approvato dal primo governo Mussolini con un gravissimo ritardo rispetto alle altre nazioni europee (gli edili e i meccanici inglesi ottennero la riduzione a nove ore già nel 1872, mentre in Russia le definitive otto ore ottenute dagli operai nel 1917 furono una colonna portante delle rivendicazioni rivoluzionarie già dal 1905), non deve però essere letto come una concessione del Governo al proletariato, bensì come la vittoria di una lotta durata più di un secolo e mezzo.

La giornata di 8 ore infatti, non fu richiesta al padronato o al governo, ma imposta dal basso, dalle rivendicazioni operaie e contadine che cominciarono a imporsi con insistenza nei primi decenni del XVIII secolo, per giungere ai primi riconoscimenti con i moti rivoluzionari del 1848. Va comunque ricordato che Marx non disprezzava affatto la regolamentazione dell'orario per legge (che veniva rifiutata dai proudhoniani) pur sapendo bene che la riduzione effettiva sarebbe stata in definitiva il frutto di mutati rapporti di forza e non soltanto di una legge. Su proposta di Marx infatti, nel primo congresso dell'Internazionale (Ginevra 1866) fu votata questa risoluzione: “Noi dichiariamo che la limitazione dell'orario di lavoro è la condizione indispensabile perché gli sforzi per emancipare i lavoratori non falliscano”, e di conseguenza veniva proposto che il limite legale per l'orario di lavoro fosse di 8 ore.
La legge varata nel 1923 comunque, non è aliena da ambiguità e colpi di mano da parte dell’esecutivo fascista, e persino un quotidiano certamente non troppo vicino alle istanze dei lavoratori come La Stampa fu in grado di cogliere queste incongruenze in un articolo dell' 11 marzo 1923, di cui trascriviamo un estratto: “La risoluzione delle questioni più importanti (caratteri del lavoro effettivo, ripartizione dell'orario massimo normale, periodi ultra settimanali, reclami regolamentari, deroghe temporanee, dilazione di termini), è riservata al Comitato permanente del lavoro, ossia al giudizio di pochi rappresentanti dei datori di lavoro e dei lavoratori, quasi che il Governo possa sottrarsi a qualunque responsabilità in materia che tocca tutta l'economia nazionale. Ma, sopratutto, si notano nel progetto disposizioni che, per essere in evidente contrasto con la situazione reale del paese e con le possibilità dell'industria, e dell'agricoltura, non avrebbero altro risultato che quello di far sorgere nei lavoratori pericolose illusioni o di fomentare conflitti, come quelle che impongono per il lavoro straordinario un aumento del 25 % sulla paga e un aumento di salario nei casi in cui l'applicazione della legge importi una riduzione dell'orario attualmente in vigore perchè in opposizione con l'interesse e con la volontà dei lavoratori. Quando pure fosse possibile ottenere l'osservanza di queste disposizioni, esse si tradurrebbero in ingiuste limitazioni della libertà dei singoli e in una vessazione dell'industria come quella che vieta il lavoro oltre orario a domicilio o per altre aziende”.