RIBELLARSI E' GIUSTO

ne servi ne padroni

Odio gli indifferenti

"Credo che vivere voglia dire essere partigiani. Chi vive veramente non può non essere cittadino e partigiano. L'indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli indifferenti. Antonio Gramsci

UN GIORNO NON PUO' VIVERE SENZA LA SUA UTOPIA...

Così l’uomo deve vivere andare senza frontiere come bambini dietro un aquilone Correre giocare ridere vivere Non girare mai il volto anche quando a te non tocca Amare questa terra dove nel nostro cuore sventola rossa come il sole il simbolo di una nuova era Cammina uomo E va senza tempo Ridere amare lottare e poi infine invecchiare E passerà per questa terra come una luce di libertà
Visualizzazione post con etichetta la mafia è una montagna di merda. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta la mafia è una montagna di merda. Mostra tutti i post

martedì 9 agosto 2011

Eolico e ecomafie in Calabria, Le Procure indagano, la stampa glissa.

Pochi giorni fa, il Tribunale del Riesame di Catanzaro, ha dichiarato inammissibile l’istanza di dissequestro del parco eolico di Girifalco presentata dalla International Power, cessionaria dei diritti sul parco realizzato dalla Brulli di Reggio Emilia. Una notizia battuta dalle agenzie di stampa il 16 giugno scorso e non rimbalzata sulle cronache nazionali nonostante l’estrema rilevanza. Per capire le vicende giudiziarie del parco eolico di Girifalco è necessario un resoconto più ampio sull’argomento. Analizziamo, dunque tutta la storia partendo dal principio.

La favola calabrese sull’eolico pareva dovesse svolgersi come da copione: un investimento cospicuo a favore delle energie sostenibili, un progetto ambizioso, perseguito per di più su un territorio martoriato da criminalità organizzata, dissesti idrogeologici, abusivismo edilizio e chi più ne ha più ne metta. Un piano di sviluppo, insomma, studiato e approntato per il rilancio di un territorio desideroso da anni di sdoganarsi dal ruolo di ‘pecora nera’ d’Italia. E, cosa da non sottovalutare, la possibilità di creare occupazione e di muovere l’economia della regione grazie al business del ‘vento’. E in effetti in Calabria il vento non manca. A partire dal 2000 la corsa all’eolico è diventata inarrestabile: le centinaia di turbine installate hanno formato in breve parchi distribuiti a macchia di leopardo su tutto il territorio regionale, soprattutto nel nord, destando non poche perplessità per l’impatto estetico da alcuni ritenuto ‘deturpante’. Un fiorire di pale su pale che qualcuno ha paragonato a candeline disseminate sull’immensa torta che amministrazioni locali, politici compiacenti, imprenditori spregiudicati e ambienti malavitosi non vedevano l’ora di spartirsi.

Gli interessi che gravitano intorno all’eolico, in Calabria, sono quindi molteplici e intrecciano intrighi economici, politici e criminali. Una congettura frutto dei soliti pregiudizi? Non proprio: ad oggi, la Calabria possiede 19 parchi eolici per altrettante indagini della magistratura su maxitangenti e distrazioni, procedimenti che coinvolgono istituzioni regionali e piccoli comuni, multinazionali e società di sviluppo, adombrate dal fantasma della mafia locale. Insomma, che le energie rinnovabili rappresentino una grande occasione per lucrare dove il vento è più forte e il sole più caldo lo ha capito innanzitutto la criminalità organizzata. Il Rapporto 2011 sulle Ecomafie a cura dell’Osservatorio Ambiente e Legalità di Legambiente, parla chiaro: al primo posto svetta la Campania con 3.849 illeciti (12,5% deltotale nazionale), 4.053 persone denunciate, 60 arresti e 1.216 sequestri. Seguono a breve distanza Calabria, Sicilia e Puglia, che insieme raccolgono circa il 45% dei reati ambientali; non manca un 12% di reati commessi nell’area del nord Italia, stante il forte incremento degli illeciti accertati in Lombardia.

Dopo la lunga fase di disseminazione selvaggia di aerogeneratori in Calabria, la procura di Catanzaro comincia a indagare su presunti illeciti nel giro d’affari delle rinnovabili e nel dicembre 2010 fa scattare un’ordinanza di sequestro del parco eolico di Girifalco, nel catanzarese. Per la precisione il sequestro riguarda dodici pale eoliche, ma tanto basta per aprire un caso e far scoppiare lo scandalo. Leggendo gli atti ufficiali del provvide mento, si apprende che il sequestro preventivo è stato disposto dal gip per una serie di violazioni alle norme urbanistiche ed alle direttive previste nella delibera regionale. Il parco è stato realizzato dalla società Brulli Energia di Reggio Emilia. L’amministratore delegato della società energetica di Reggio Emilia, Gianluigi Montorsi, il direttore dei lavori, Francesco Diana, e l’ex responsabile dell’area tecnica del Comune di Girifalco, vengono iscritti nel registro sono indagati. È il primo atto di una vicenda dagli strascichi infiniti. Vicenda che porta alla ribalta il paradossale bisogno di ripulire le energie pulite dagli interessi della malavita. Alcune della pale del parco, infatti, sarebbero stateposizionate a meno di 500 metri dalle abitazioni, così come prescrive la legge, e altre a ridosso di un altro parco eolico situato in un comune confinante. Inoltre, il parco eolico di Girifalco sorge in una zona altamente sismica nella totale ignoranza delle regole minime di sicurezza e fattibilità di un simile intervento. Il sequestro era stato chiesto dalla procura nell’aprile scorso ed è stato concesso adesso dal gip ed eseguito dai carabinieri del reparto operativo di Catanzaro.

L’inchiesta era nata sulla base delle denunce presentate, negli anni scorsi, da un professore universitario di Napoli, Salvatore Tolone, proprietario di un terreno nella zona in cui il parco è sorto. Il docente, tra l’altro, è stato vittima di tre atti intimidatori: una bomba è esplosa accanto alla sua auto, un suo trattore è stato incendiato e infine ha avuto l’auto danneggiata.
La vicenda ha destato l’attenzione di Legambiente:

«L’eolico per l’Italia è una grande opportunità e si sta dimostrando tra le fonti alternative più valide per lo sviluppo energetico del Paese e per affrancarci dalla dipendenza dalle fonti fossili ma deve essere ben fatto, secondo criteri rigorosi, nel pieno rispetto delle regole urbanistiche’. ‘Non siamo favorevoli – prosegue la nota – a qualunque tipo d’impianto, in qualunque zona e per questo ci auguriamo che le linee guida nazionali, che le Regioni stanno acquisendo, forniscano le regole per la corretta integrazione delle fonti pulite nei territori. Bene ha fatto dunque la Magistratura a bloccare un impianto fuorilegge. Queste azioni, in una regione come la Calabria esposta a forti rischi d’infiltrazione mafiosa, acquistano un significato particolare che ci auguriamo – conclude l’associazione – possa dare il giusto slancio all’eolico pulito in un territorio dove le potenzialità di questa fonte sono enormi e dove sono già previsti progetti come quello della centrale progetto Rubbia a Crotone che possono consentire uno sviluppo sano e onesto della Calabria e dei calabresi».

Il penultimo atto della vicenda riguarda l’arresto, avvenuto lo scorso maggio, dell’imprenditore Domenico Strumbo, finito in manette con l’accusa di tentata estorsione aggravata. L’arresto rientra nell’ambito dell’inchiesta della Dda su una presunta estorsione ai danni proprio della Brulli Energia. L’atto conclusivo di questa vicenda l’ha scritto il Tribunale di Catanzaro respingendo, come detto, il ricorso avanzato per il dissequestro del parco di Girifalco. Ma perché la mafia ha ritenuto così redditizia l’attività sulle rinnovabili tanto da specializzarsi in questo business? La risposta a questa domanda ci arriva da un’illuminate saggio di Mauro Francesco Minervino, antropologo che ha dedicato allo scandalo dell’eolico un volume dal titolo La Calabria brucia.

Scrive Minervino: “Ci sono meccanismi chiari che spiegano bene tutto questo interesse. Le sovvenzioni all’eolico in Italia sono le più alte e le più ricche d’Europa. Il prezzo dei certificati verdi è il più generoso del Continente. E così da noi, e in Calabria soprattutto, gli impianti eolici sono diventati un affare. Che attrae grandi aziende internazionali. Ma anche la criminalità che controlla i territori. Non è la prima volta che vanno a braccetto amministrazioni compiacenti e interessi malavitosi. Politica e interessi malavitosi si saldano specie quando il potere in Calabria si baratta con le risorse pubbliche, con i beni indisponibili dell’ambiente e della natura, con la terra di un demanio su cui dominano e spadroneggiano i prepotenti. Anche i privati proprietari dei suoli dove sono ubicate le turbine traggono dai mulini un reddito superiore a quello che ricaverebbero dai raccolti o dal pascolo”.

Alla luce di tutte queste considerazioni e delle notizie di cronaca che abbiamo documentato, resta solo da chiedersi quali potranno essere gli scenari futuri legati a queste vicende. Non solo. Quali ricadute avrà l’inchiesta delle magistrature sullo sviluppo delle energie rinnovabili in Calabria? E quale saranno i provvedimenti adottati dalle amministrazioni locali per fugare ogni sospetto di ‘complicità’e collusione con le ecomafie operanti nel territorio? Il vento sta cambiando o è destinato a soffiare sempre nella stessa direzione? I dubbi sono tanti ma una cosa pare ormai certa: la situazione di perenne scandalo legata al business delle rinnovabili, in Calabria, è ormai evidente e sembra destinata a non trovare sbocchi, né a destare il giusto spazio nelle pagine di cronaca nazionale o nei dei telegiornali, e questo assurdo silenzio rende il terreno sempre più fertile all’illegalità.
Tuttogreen

lunedì 31 gennaio 2011

In Calabria la più grande percentuale di mafiosità d'Italia

L’indice di densità criminale nelle attività illecite di una parte della popolazione è stimato al 27%, a fronte del 12% in Campania, del 10% in Sicilia e del 2% in Puglia

“Dalle indagini in corso è risultato che in cittadine di 10-15 abitanti vi sono 300 o 400 affiliati ai locali di ‘ndrangheta, numero che probabilmente oggi si raggiunge con difficoltà in una città come Palermo. L’indice di densità criminale in Calabria, cioè il coinvolgimento, a vario titolo, nelle attività illecite di una parte della popolazione è stato stimato al 27%, a fronte del 12% in Campania, del 10% in Sicilia e del 2% in Puglia”.

Durante l’inaugurazione dell’anno giudiziario di Reggio, il procuratore capo Giuseppe Pignatone ha snocciolato numeri che devono far riflettere. La ‘ndrangheta è un fenomeno nazionale di cui il governo deve farsi carico, non solo quando è il momento di arrogarsi i meriti degli arresti dei latitanti o delle brillanti operazioni antimafia.

Il leit-motiv della cerimonia in riva allo Stretto è stata “la carenza degli organici” che riguarda più o meno tutti gli uffici giudiziari. Un problema a cui, secondo Pignatone, devono aggiungersi “le difficoltà oggettive dell’azione di contrasto alla criminalità organizzata”. A partire dalla forza numerica ed economica delle cosche calabresi.

La ‘ndrangheta è una forza che supera di gran lunga le altre organizzazioni criminali italiane: Una presenza talmente massiccia che non trova “riscontro nelle altre organizzazioni mafiose operanti in Italia”. Nella sola provincia di Reggio Calabria, quasi in ogni agglomerato urbano, “la ‘ndrangheta trae la sua forza non solo dalla potenza militare ed economica, ma anche dal radicamento sul territorio e dal consenso sociale”, dice Pignatone.

“A Rosarno siamo più di 250, – dice il boss a un affiliato – ci sono settimane che non ne facciamo ma l’altra sera ne abbiamo fatti sette, le nuove piante… Cicciareddu, sette nuove piante… i figli di Vincenzo tutti e tre”.

“Questo – spiega il procuratore Pignatone – è un dato quantitativo che per la sua rilevanza diventa un dato qualitativo della potenza e pericolosità delle cosche di ‘ndrangheta e della loro capacità di condizionare la vita di una città”.

Per comprendere i numeri è sufficiente fare il paragone con Bagheria, paese in provincia di Palermo che, nel momento di massimo “splendore” criminale del boss Provenzano, contava 50 uomini d’onore su 58 mila abitanti.

Ecco perché, gli oltre 250 ‘ndranghetisti di Rosarno su 10-15 mila abitanti possono essere considerarti un esercito sempre pronto a rigenerarsi. A cambiare pelle, ma non l’anima. Un esercito, quasi il 2% della popolazione rosarnese, che agisce localmente, ma pensa in maniera internazionale.

Sempre secondo Pignatone, “per effetto dei processi di globalizzazione dei mercati e della necessità di spostare persone e merci sul territorio dell’Unione europea, la ‘ndrangheta ha costituito basi operative anche fuori dai nostri confini, anche grazie alle differenze di legislazione e della minore efficienza di alcune strutture di contrasto estere”.

Anche la relazione del presidente della Corte di Cassazione Ernesto Lupo parla di ‘ndrangheta: “E’ necessario assumere l’espansione della ‘ndrangheta come emergenza nazionale, apprestando gli indispensabili rimedi di potenziamento straordinario del settore investigativo e giudiziario, ai quali non possono essere lesinate le necessarie risorse economiche”.

di Lucio Musolino

lunedì 17 gennaio 2011

Riprendiamo il discorso referendum Fiat. No non li giustifico

Parlando con diverse persone, ho notato che in esse c'è una giustificazione verso gli operai che a Mirafiori hanno votato Si. C'è il mutuo da pagare, il figlio da mandare all'università, l'altro figlio ultratrentenne che vive ancora con mamma e papà, ecc. ecc.
 Personalmente non li giustifico. Sarà forse che tra il 46% dei No, non ci sia gente che abbia le difficoltà dette sopra? Sarà forse che tutti i promotori del no vivono di lusso e brindano a champagne e caviale? Se così fosse, perchè fanno gli operai? Sono masochisti?
No, hanno una dignità da difendere e l'hanno difesa. Non finirò mai di ringraziarli.
Saranno i tempi, sarà la pigrizia, sarà il berlusconismo, sarà quello che volete, ma si è persa la coscienza di classe. In molti hanno dimenticato che essere operai (nel senso più ampio del termine), non è una vergogna. Appartenere al ceto medio-basso, non è avere la peste. Si offre manodopera in cambio di un salario, ma non per questo bisogna svendere i propri diritti.
Questi servi del Si, come pensano un domani di dare un avvenire ai loro figli? Giocando sempre al ribasso? E come potranno mai mantenere i loro figli all'Università se non avranno i soldi e il tempo per seguirli nella loro crescita. Cosa insegneranno ai loro figli: che va bene adeguarsi alla logica del ricatto? Alla logica del più forte?
E allora non lamentiamoci della mafia, perchè la mafia usa gli stessi metodi.
Diciamolo forte: siamo un popolo culturalmente mafioso e ci piace esserlo.
Spiegatemi perchè la Germania ha accorpato 50 milioni di persone ed ha il pil di gran lunga superiore al nostro, mentre noi abbiamo una classe dirigente politica al soldo dei mafiosi? Perchè noi per essere global, dobbiamo diventare come i minatori italiani che andavano a lavorare in Belgio, e in Francia un operaio guadagna più di operaio italiano e lavora 35 ore a settimana?
No, non li giustifico.

mercoledì 24 febbraio 2010

Nello scandalo Fastweb gli Arena di Isola Capo Rizzuto.


La mafia calabrese ancora protagonista degli intrecci con la finanza e la politica.

E' quanto si documenta nell'inchiesta giudiziaria Phunchard-Broker che vede coinvolti alcuni dei protagonisti nel campo delle telecomunicazioni: una gigantesca rete di riciclaggio di denaro sporco con ramificazioni internazionali per un ammontare complessivo di circa due miliardi di euro e 400 milioni di Iva evasa, che vede coinvolte società come Fastweb e Sparkle Telecom Italia.

Due indagini distinte, una del Ros dei carabinieri e una del Nucleo di Polizia Valutaria della Guardia di finanza, che si sono incrociate.

La magistratura antimafia chiama in causa pure la 'ndrangheta crotonese, in particolare per l'elezione al Senato di Nicola Di Girolamo (Pdl) eletto nella circoscrizione estera Europa ed individuato come una delle menti finanziarie dietro alla maxi operazione di riciclaggio venuta alla luce in questi giorni.

Le indagini avrebbero appurato che si sarebbero tenute alcune riunioni a Isola di Capo Rizzuto con esponenti della 'ndrangheta per la raccolta di voti tra gli emigrati calabresi in Germania. Agli incontri avrebbero partecipato esponenti della cosca Arena.

La n'ndrangheta avrebbe avuto inoltre la diretta disponibilità di schede bianche per l'elezione dei candidati al Senato votati dagli italiani residenti all'estero (soprattutto a Stoccarda) e le avrebbero riempite con il nome di Nicola Di Girolamo.

Il senatore Nicola Di Girolamo ha replicato anche alle accuse di contatti con la 'ndrangheta. "Sono stato in Calabria, durante la campagna elettorale, a Pasqua, una sola volta, invitato dall'avvocato Colosimo per un incontro elettorale - ha detto - Se si vanno a consultare gli elenchi dei voti da me raccolti stilati dal ministero dell'Interno ci si accorgerebbe che io a Stoccarda, ho preso gli stessi voti che sono stati da me raccolti in altre città europee. Mi accusano anche di contatti con una realtà che ignoro completamente come quella della telefonia. Io, sì e no, so accendere il cellulare. Nulla di più. Mi sembra una situazione assurda, incredibile, al limite della realtà. Domattina risponderò punto per punto".

Proprio in relazione a questa inchiesta il 7 giugno 2008 venne emesso nei confronti di Di Girolamo una misura cautelare degli arresti domiciliari, con richiesta di autorizzazione all'arresto che però venne negata dal Senato.
Area locale

lunedì 11 gennaio 2010

O sfruttamento

Due brani tratti da "Incredibile opposizione tour 1994" che bene rappresentano il degrado culturale del paese già alla fine della prima repubblica e che ancora oggi dopo 15 anni di PDL sono incredibilmente attuali.
Dobbiamo combattrere il regime che diventa sempre più solido e violento e che in quindici anni ha reso l'Italia un paese barbaro!
Il rapporto annuale dell'ILO accosta l'Italia a paesi come il Burkina Faso o la Guinea!Il paragone è ottimo per rappresentare le condizioni economiche e sociali del belpaese!

venerdì 8 gennaio 2010

Rosarno: la rivolta degli immigrati



Ancora rabbia a Rosarno

Nuova rivolta dopo un nuovo agguato mafioso ai lavoratori stranieri

"I fatti sono molto più seri degli incidenti seguiti alle proteste del dicembre 2008, quando la comunità ghanese e burkinabè scese in piazza per protestare contro il ferimento di due ragazzi a colpi di kalashnikov sparati da un'autovettura in corsa. Oggi a Rosarno alcuni ragazzi africani sono stati raggiunti nel primo pomeriggio da colpi sparati da un fucile ad aria compressa, e tutta la rabbia della comunità degli immigrati africani per la raccolta di clementine eolive è venuta fuori. Al momento non sembra ci siano feriti ma sicuramente alcuni calabresi, gente del posto che rientrava a casa mentre la rivolta era in corso, sono stati aggrediti mentre i migranti inscenavano la loro protesta; la polizia ha riferito come diverse autovetture siano state ribaltate e alcune addirittura date alle fiamme mentre percorrevano la statale di fronte alle fabbriche abbandonate (come l'impianto ‘Rognetta') dove i lavoratori stagionali hanno trovato un riparo. Molti mi hanno raccontato di rosarnesi costretti a abbandonare l'auto mentre i migranti li aggredivano per ribaltare la vettura in strada"; a parlare è uno dei ragazzi dell'Osservatorio Migranti , mentre mette in ordine la sua valigia, afferra al volo le chiavi della sua auto e lascia Rosarno. Stanotte meglio non dormire in città. "Per me e per tutti quelli che in questi anni hanno aiutato i migranti"; la rabbia degli extracomunitari covava da tempo, nonostante in maggio finalmente i primi tre sfruttatori avessero pagato con l'arresto per ‘'riduzione in schiavitù''.

Ma gli africani non conoscono la Calabria. Non immaginano che possa essere più dura del continente dal quale sono scappati, lasciandosi alle spalle guerre e pallottole. Guerre e pallottole di altro tipo. Ma oggi chi ti parla da Rosarno dall'altro lato della cornetta, ti fa capire che il peggio deve ancora venire. "I ragazzi hanno spaccato vetrine, attaccato negozi, dato fuoco ad alcune auto, senza saper chi potessero essere i proprietari di questi negozi e di queste autovetture", spiega una fonte che prega di rimanere anonima per timore di sempre più probabili conseguenze. La paura che adesso attanaglia i rosarnesi è che i soliti picciotti possano vedere gli episodi di violenza del 7 gennaio come uno ‘sgarro' che il loro codice dell'onore non può fare passare sotto silenzio. E la voce che sta correndo in queste ore sulla Piana di Gioja Tauro è che domani, nelle prossime ore, a parlare saranno le lupare degli uomini delle ‘ndrine, che non possono tollerare sul loro territorio una tale violazione della Pax mafiosa.

I due ragazzi aggrediti a colpi di fucile ad aria compressa sono fuori pericolo, all'ospedale di Gioja Tauro. Sulla statale degli ulivi che collega Rosarno a San Ferdinando nel pieno della Piana, e dall'altro lato al mar Tirreno con Gioja e il suo porto, sembra sia tornata la calma, restaurata dall'intervento di una decina di auto del comando di polizia gioiese. Presidiate le fabbriche ex Rognetta, dove dormono in 200 e la ex Opera Sila di gioia Tauro, dove dormono altre centinaia di immigrati non registrati. le pantere della questura della Piana pattugliano la statale.

Ma alcune vetture bruciano ancora; e rimangono i danni a negozi. Impossibile contattare qualcuno alle caserme di carabinieri o polizia, ma sembra che alcuni cittadini italiani durante le proteste siano stati aggrediti dalla folla, inferocita per l'ennesimo trattamento disumano, per l'ennesimo assalto ai danni di chi attraversa i continenti per venire qui a lavorare come bestie per 20 euro al giorno, deprivati di ogni conforto materiale. Ma stavolta i migranti potrebbero aver passato il segno, e aver commesso un errore fatale, accecati dalla loro rabbia. Nelle prossime ore le bocche taceranno in Calabria, e chi sente dentro di sé di aver subito un torto, molto probabilmente cercherà di porre rimedio. Da soli. Senza ricorrere alla polizia. Come si faceva una volta. Con le carabine sempre pronte, sempre ben oliate, tenute dietro le dispense e nelle cantine.

Gian Luca Ursini per Peace Reporter

mercoledì 6 gennaio 2010

Nasce radio 100 passi


Per il 62° compleanno di Peppino, 5 gennaio, si accende a Cinisi la radioweb 100 passi .

Parte giorno, 05-01-2010 da Cinisi l’esperienza di “Radio Cento Passi”, in occasione del 61° anniversario della nascita di Peppino Impastato, ma anche del 26° anniversario della morte di Giuseppe Fava.
La radio, trasmessa interamente sul web, conta già, attraverso Faceboock circa trentamila sostenitori e si ripropone di essere la prima radio web siciliana, sulla scia di simili iniziative molto diffuse ed affermate nel resto d’Italia.

E’ stata scelta questa formula perché permette, a chiunque lo voglia, di collegarsi, tramite un normale computer per ascoltare musica e notizie, ma anche per trasmettere messaggi, interventi, notizie, curiosità provenienti dagli utenti di questo strumento.
Quindi una radio aperta che, per qualche verso si ricollega all’esperienza di Radio Aut, la radio creata da Peppino Impastato nel 1977 e concepita come strumento di controinformazione, di informazione dal basso e di costruzione di un progetto politico di lotta e di ribellione.

In un momento, come quello presente, in cui tutta l’informazione è ormai omogeneizzata e asservita allo strapotere di un solo proprietario, padrone assoluto di tutte le emittenti televisive nazionali e di gran parte di quelle locali,oltre che del 70% delle testate giornalistiche, Radio Cento Passi si ripropone di essere uno strumento d’informazione alternativa, in collegamento con altre radio democratiche nazionali, con un particolare spazio alla satira politica, avente come punto di riferimento le tecniche e le strategie della trasmissione “Onda Pazza” ideata da Peppino Impastato. La radio non ha finalità commerciali e non ha fini di lucro, ma vuole essere uno strumento di diffusione e di costruzione, d’incontro e di coesione per quanti credono possibile la costruzione di un’informazione diversa da quella militarizzata e strumentalizzata, al servizio dello strapotere mediatico di Sua Emittenza. Faranno parte della redazione alcuni vecchi compagni di Peppino Impastato, che collaborarono all’esperienza di Radio Aut. All’inaugurazione sarà presente RAI 3, che manderà in onda il servizio il giorno dopo, 6-01-, alle ore 7.30, nel corso dello special quotidiano di RAI Sicilia. Chiunque può collegarsi, via internet, con la radio digitando www.radio100passi.net.

Le iniziative per ricordare L’anniversario della nascita di Peppino Impastato continueranno nel pomeriggio del 5-01, alle ore 17,30 a Palermo, alla Bottega dei saperi e dei Sapori di Libera, in piazza Politeama, con un concerto del Collettivo Musicale Peppino Impastato, che presenterà il suo nuovo cd, “Amicu di la storia mia”. L’ingresso è gratuito.

http://www.peppinoimpastato.com/visualizza.asp?val=81