RIBELLARSI E' GIUSTO

ne servi ne padroni

Odio gli indifferenti

"Credo che vivere voglia dire essere partigiani. Chi vive veramente non può non essere cittadino e partigiano. L'indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli indifferenti. Antonio Gramsci

UN GIORNO NON PUO' VIVERE SENZA LA SUA UTOPIA...

Così l’uomo deve vivere andare senza frontiere come bambini dietro un aquilone Correre giocare ridere vivere Non girare mai il volto anche quando a te non tocca Amare questa terra dove nel nostro cuore sventola rossa come il sole il simbolo di una nuova era Cammina uomo E va senza tempo Ridere amare lottare e poi infine invecchiare E passerà per questa terra come una luce di libertà

venerdì 26 febbraio 2010

Su mafia, politica PdL ed eversione nera

Attorno al senatore Nicola Di Girolamo ed al suo "padrone" Gennaro Mokbel, c'era una rete di protezione e di sostegno, a 360 gradi. Non solo 'ndranghetisti e faccendieri ma anche ambasciatori, funzionari di consolati, ufficiali della Guardia di finanza, carabinieri. Tutti uomini dello Stato, ma "infedeli", che a vario titolo (molti per soldi) hanno favorito non soltanto gli affari milionari di Mokbel ma anche quelli del suo "candidato" Nicola Di Girolamo, riciclatore prima di diventare senatore, grazie anche agli appoggi degli uomini delle istituzioni. Addirittura Mokbel - cervello del gruppo secondo la mega-inchiesta di carabinieri e della Gdf, gestore dell'elezione all'estero del senatore del Pdl - parlando con uno dei suoi amici riciclatori, si vantava di avere "affittato" alcuni ufficiali e militari della Finanza, che lo "tutelavano" e gli facevano concludere affari tranquilli. A lui e al senatore Di Girolamo. Proprio da una banale indagine per usura nei confronti dell'imprenditore romano Vito Tommasino da parte del maggiore della Gdf di Roma Luca Berriola, i carabinieri del Ros arrivano alla grande inchiesta su telefonia, mafia e riciclaggio, che ha portato 56 persone in carcere e alla richiesta di arresto per Di Girolamo. L'11 febbraio 2004 la Procura di Roma chiede ai carabinieri dei Ros di riscontrare le dichiarazioni della denuncia presentata da Vito Tommasino, che accusava il maggiore Berriola di averlo ricattato e di avergli prestato soldi a tassi d'usura incredibili. Si scopre così che Berriola aveva utilizzato l'imprenditore Tommasino per far rientrare dall'estero 1,5 milioni di euro su un suo conto cifrato. Da questa indagine i Ros arrivano, piano piano e sempre più sorpresi al grande riciclaggio e alla truffa ideata da Gennaro Mokbel, dal suo socio Nicola Di Girolamo, e dagli altri componenti della "cricca" che manovravano un giro di milioni di euro in tutto il mondo su conti di decine e decine di banche evadendo l'Iva e truffando lo Stato.

Berriola, che non si capisce come e perché utilizzasse un cellulare intestato ai servizi segreti, era un esperto, si occupava di "antiriciclaggio", aiutando però gli altri - in particolare Gennaro Mokbel ed i suoi soci, a riciclare denaro sporco senza essere scoperti. "Emergeva quindi - scrivono gli inquirenti nell'ordinanza di custodia cautelare - il coinvolgimeno pieno del Berriola e del Mokbel, in un vorticoso giro di denaro la cui provenienza dalle società telefoniche non trovava alcune razionale spiegazione e che veniva riciclato". Secondo le accuse i capitali venivano impiegati anche nell'acquisto di pietre preziose. Il 27 settembre 2007 Mokbel parla con Massimo Massoli, di ritorno da Hong Kong, e gli chiede: "Allora.... sò salvi i diamanti?". Massoli: "No... manca un milione e seicentomila dollari, pari a 61 pietre ... mancano dall'inventario". Mokbel: "Come mai? Ma che pietre erano?". Massoli: "Pietre grosse... certificate... non ci sono neanche le garanzie".

E, risalendo questa piramide di riciclatori, gli investigatori arrivano alla 'ndrangheta che appoggia elettoralmente Di Girolamo. Si scopre così come l'allora avvocato e "riciclatore" Nicola Di Girolamo, diventa senatore della Repubblica. Prima con la falsificazione della residenza in Belgio. Qui entrano in ballo l'ambasciatore a Bruxelles, Sandro Maria Siggia, il funzionario del consolato a Bruxelles, Aldo Mattiussi. Quest'ultimo si adopera a procurare falsi documenti di residenza al candidato senatore, Nicola Di Girolamo, facendolo risultare residente da anni in Belgio. C'è anche la via ed un numero civico, il 143. Ma quel 143, in quella via non esiste. E quando Di Girolamo diventa senatore, alcuni giornalisti cominciano ad indagare sulla residenza all'estero del parlamentare. L'ambasciatore Siggia chiama Di Girolamo per avvertirlo dell'interesse dei giornalisti. E il senatore si preoccupa: "Ho la preoccupazione, non vorrei che fosse una manovra de questi (i giornalisti ndr) per rompe li c****** per dì che non sono residente lì (in Belgio ndr)".

Scrivono gli investigatori: "Ma è tutta la vicenda relativa all'elezione di Nicola Di Girolamo che è frutto di attività criminosa.. in Europa era ed è un perfetto sconosciuto". E di seguito vengono riportate le conversazioni degli "scrutatori" della 'ndrangheta che informano Di Girolamo, che poi li ringrazia per il "lavoro svolto". Gli "scrutatori" lo informano che hanno truccato molte schede e che un candidato dell'Udc era passato con Di Girolamo, portando 100 voti in più. Poi informano Di Girolamo che il giorno prima delle elezioni i galoppini calabresi erano andati anche in un quartiere turco di Stoccarda, dove vivono gli italiani più poveri, a caccia di voti. Per gli inquirenti, questi ed altri episodi documentati, dimostrano "i preoccupanti contatti di Nicola Di Girolamo, nel corso della campagna elettorale, con organizzazioni 'ndraghtiste calabresi, in particolare con Franco Pugliese, legato alla cosca Nicoscia ed Arena di Isola di Capo Rizzuto". E Pugliese, subito dopo la nomina ufficiale di Nicola Di Girolamo a senatore, chiama Gennaro Mokbel, lamentandosi di non essere stato ringraziato. Ed in questa intercettazione compare il nome del Presidente della Camera, Gianfranco Fini.

Pugliese: "A bello mio, io è da sabato che non dormo, ho perso la voce per questo cazz di elezioni e voi (Mokbel e Di Girolamo ndr) non mi chiamate, manco a dì fratello mio tutto a posto..". Mokbel: "Non t'ha chiamato Paolo Colosimo?". E Pugliese: "Ma non basta solo Paolo". Mokbel: "Poi ti spiego.. mo' ha chiamato Fini, stamattina. Fini. Gianfranco Fini".

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