RIBELLARSI E' GIUSTO

ne servi ne padroni

Odio gli indifferenti

"Credo che vivere voglia dire essere partigiani. Chi vive veramente non può non essere cittadino e partigiano. L'indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli indifferenti. Antonio Gramsci

UN GIORNO NON PUO' VIVERE SENZA LA SUA UTOPIA...

Così l’uomo deve vivere andare senza frontiere come bambini dietro un aquilone Correre giocare ridere vivere Non girare mai il volto anche quando a te non tocca Amare questa terra dove nel nostro cuore sventola rossa come il sole il simbolo di una nuova era Cammina uomo E va senza tempo Ridere amare lottare e poi infine invecchiare E passerà per questa terra come una luce di libertà

domenica 28 febbraio 2010

1 Marzo 2010: fatica e sudore hanno lo stesso colore


A Torino concentramento alle 17 davanti la stazione Porta Nuova. Portare qualcosa di giallo.

sabato 27 febbraio 2010

Il dibattito sulla Raf si sposta all'Askatasuna

Scontato e puntuale, alla fine il no alla concessione di una sala comunale (a pagamento!) per la presentazione della mostra "Perchè il fuoco non muore" di Paolo Neri e il successivo di battito con Ingmar Moller, militante della Raf e unica sopravvissuta, é arrivato.

Da giorni sulle pagine locali di tutte le testate, i rappresentanti politici più disparati avevano fatto a gara a chi riusciva a dimostrarsi più contrario all'incontro: la Giovane Italia, insieme con il Pdl tutto, aveva persino deciso di scendere in piazza per "dare a Ingmar Moller" l'accoglienza che si merita. Di ieri sera la notizia che prefetto e questore, ovviamente, colgono le rimostranze e negano la sala di via Luserna di Rorà per problemi di ordine pubblico. Stupisce, come un semplice dibattito su un periodo importante quanto rimosso della storia recente susciti sistematicamente tanto livore bi-partisan...

L'iniziativa si sposta quindi al centro sociale Askatasuna di corso Regina 47, con il seguente programma:


domenica 28 febbraio, dalle 16, csoa Askatasuna
:

* presentazione della mostra sulla RAF "Perchè il fuoco non muore" a cura dell'autore Paolo Neri

* a seguire dibattito con Irmgard Moeller, militante della RAF, unica sopravvissuta al massacro dei prigionieri nel carcere di Stammheim del 18 ottobre 1977

* ore 20.00 apericena

* a seguire proiezione del documentario "Bambule" realizzato da Ulrike Meinhof

(il programma previsto per lunedi 1 marzo (esposizione mostra e proiezioni) è annullato)

Un breve comunicato dell'Askatasuna sulla vicenda:

Abbiamo letto nei giorni scorsi del nuovo can-can mediatico scoppiato improvvisamente sulle pagine dei quotidiani locali relativamente alla venuta nella nostra citta' di Irmgard Moeller, unica sopravvissuta alla tragedia di Stammheim. Non si capisce quale grande pericolo per la citta' dovrebbe rappresentare una signora di 60 anni, gia' colpita da anni e anni di prigionia poltica.
Interpellati dagli organizzatori della conferenza censurata, abbiamo molto naturalmente deciso di accordare l'uso delle nostre sale per un dibattito indubbiamente interessante e arricchente la conoscenza storica delle nuove generazioni circa un periodo importante della storia europea recente. Negli anni passati abbiamo organizzato diversi incontri e dibattiti con altri testimoni (e superstiti) delle lotte degli anni '70: con Curcio, Scalzone, Gallinari, Geraldina Colotti...
Ragionare su quegli anni, su quello che ancora possono dirci del presente, a noi non fa paura! A novelli inquisitori - spaventati da una conferenza pubblica - come l'Esposito, tanto rumore potra' forse servire a presentarsi al salotto buono della citta' come nuovo candidato sindaco.

Forse il racconto e le considerazioni che la Moeller potra' fare sull'esperienza di Stammheim (prototipo delle odierne Guantanamo) infastidira' i pruriti di certa sinistra giustizialista ma e' bene ricordare che su quell'esempio di totale sospensione delle piu' elementari norme del diritto in uno stato "democratico" sono stati scritti libri, girati film, sottoscritte pubbliche petizioni ed appelli... Di cosa ha paura la casta politica torinese?

In ogni caso, come centro sociale obbligato dai tempi ad essere l'ultimo bastione di libera discussione, non ci sotrraiamo alla necessita' di ospitare un dibattito importante che merita di essere partecipato e avere normale svolgimento.

csoa Askatasuna, corso regina margherita 47

Una storia nera di truffe e riciclaggio

In casa ritratti e foto di Hitler, busti di Mussolini, ma soprattutto migliaia di dipinti, serigrafie, litografie e decine di sculture, opere di importanti artisti contemporanei e moderni: questo il "tesoretto" di Gennaro Mokbel, presunto responsabile del riciclaggio degli ingentissimi capitali illegali, "provenienti da una serie di operazioni commerciali fittizie di acquisto e vendita di servizi di interconnessione telefonica internazionale, per un valore complessivo di oltre due miliardi di euro, con la compiacenza di alti funzionari ed amministratori delle societa' Telecom italia sparkle e Fastweb."
Insieme a Mokbel nel registro degli indagati finiscono anche Stefano Andrini e Paolo Colosimo. Preoccupante, il denominatore comune che lega tutti questi personaggi: la frequentazione, con ruoli diversi e in epoche differenti, di pezzi della destra romana.

Andrini è decisamente il personaggio più interessante e conosciuto negli ambiti neofascisti: nel 1989 massacra di botte due militanti di sinistra insieme al fratello gemello, espatria e diventa seguace e pupillo di Pino Rauti. Dopo lo scioglimento di Ordine Nuovo Andrini collabora con l'Msi-An e nel 2009, al suo rientro in Italia, Alemanno lo chiama nell'azienda di raccolta rifiuti della capitale.

Paolo Colosimo, avvocato romano, è un altro ponte tra personaggi romani di destra: legale di riferimento della destra estrema, ha tra i suoi assistiti anche Maurizio Boccacci, attuale leader del gruppo neonazista Militia.

Gennaro Mokbel, imprenditore romano, vanta invece un passato da "naziskin", come lui stesso amava definirsi, e alcune conoscenze molto impegnative: Giusva Fioravanti e Francesca Mambro, che Mokbel addirittura sostiene di aver sostenuto economicamente per pagare i difensori, ma anche Antonio d'Inzillo, ex esponente di rilevo della Banda della Magliana, con cui fu arrestato nel 1994.
Le attività di Mokbel e soci non si sono limitate solo al riciclaggio di capitali della 'Ndrangheta e di truffa ai danni delle società telefoniche, scoperte dalla magistratura nei giorni scorsi e che hanno portato al sequestro di centinaia di opere d'arte, ma sono consistite anche, nella fumosa operazione per l'elezione del senatore del Pdl Nicola di Girolamo.
Per costituirne la candidatura, Mokbel fa tesoro di tutti i propri contatti: da Romagnoli della Fiamma Tricolore a Ferretti, collaboratore di Alemanno.

Una storia tutta nera, quella dell'imprenditore, dell'avvocato e del dipendente comunale, che da sola può raccontare trent'anni di neofascimo capitolino e dimostrare ancora una volta, se ce ne fosse ulteriore bisogno, le connivenze e collaborazione tra destra estrema e destra di governo.
Infoaut

venerdì 26 febbraio 2010

Aiuto informatico!

Buongiorno a tutti voi, cari blogger!
Da alcuni giorni non riesco più a pubblicare post, in particolare se copio e incollo del testo o se voglio inserire delle immagini, non riesco poi ad ottenere la pubblicazione o il salvataggio del post. Per caso ho provato poco fa con un testo di prova ed ho visto che invece in questo modo il post risulta pubblicato.
Qualcuno di voi è in grado di aiutarmi? Dove risiede il problema?

Vi ringrazio anticipatamente.

Su mafia, politica PdL ed eversione nera

Attorno al senatore Nicola Di Girolamo ed al suo "padrone" Gennaro Mokbel, c'era una rete di protezione e di sostegno, a 360 gradi. Non solo 'ndranghetisti e faccendieri ma anche ambasciatori, funzionari di consolati, ufficiali della Guardia di finanza, carabinieri. Tutti uomini dello Stato, ma "infedeli", che a vario titolo (molti per soldi) hanno favorito non soltanto gli affari milionari di Mokbel ma anche quelli del suo "candidato" Nicola Di Girolamo, riciclatore prima di diventare senatore, grazie anche agli appoggi degli uomini delle istituzioni. Addirittura Mokbel - cervello del gruppo secondo la mega-inchiesta di carabinieri e della Gdf, gestore dell'elezione all'estero del senatore del Pdl - parlando con uno dei suoi amici riciclatori, si vantava di avere "affittato" alcuni ufficiali e militari della Finanza, che lo "tutelavano" e gli facevano concludere affari tranquilli. A lui e al senatore Di Girolamo. Proprio da una banale indagine per usura nei confronti dell'imprenditore romano Vito Tommasino da parte del maggiore della Gdf di Roma Luca Berriola, i carabinieri del Ros arrivano alla grande inchiesta su telefonia, mafia e riciclaggio, che ha portato 56 persone in carcere e alla richiesta di arresto per Di Girolamo. L'11 febbraio 2004 la Procura di Roma chiede ai carabinieri dei Ros di riscontrare le dichiarazioni della denuncia presentata da Vito Tommasino, che accusava il maggiore Berriola di averlo ricattato e di avergli prestato soldi a tassi d'usura incredibili. Si scopre così che Berriola aveva utilizzato l'imprenditore Tommasino per far rientrare dall'estero 1,5 milioni di euro su un suo conto cifrato. Da questa indagine i Ros arrivano, piano piano e sempre più sorpresi al grande riciclaggio e alla truffa ideata da Gennaro Mokbel, dal suo socio Nicola Di Girolamo, e dagli altri componenti della "cricca" che manovravano un giro di milioni di euro in tutto il mondo su conti di decine e decine di banche evadendo l'Iva e truffando lo Stato.

Berriola, che non si capisce come e perché utilizzasse un cellulare intestato ai servizi segreti, era un esperto, si occupava di "antiriciclaggio", aiutando però gli altri - in particolare Gennaro Mokbel ed i suoi soci, a riciclare denaro sporco senza essere scoperti. "Emergeva quindi - scrivono gli inquirenti nell'ordinanza di custodia cautelare - il coinvolgimeno pieno del Berriola e del Mokbel, in un vorticoso giro di denaro la cui provenienza dalle società telefoniche non trovava alcune razionale spiegazione e che veniva riciclato". Secondo le accuse i capitali venivano impiegati anche nell'acquisto di pietre preziose. Il 27 settembre 2007 Mokbel parla con Massimo Massoli, di ritorno da Hong Kong, e gli chiede: "Allora.... sò salvi i diamanti?". Massoli: "No... manca un milione e seicentomila dollari, pari a 61 pietre ... mancano dall'inventario". Mokbel: "Come mai? Ma che pietre erano?". Massoli: "Pietre grosse... certificate... non ci sono neanche le garanzie".

E, risalendo questa piramide di riciclatori, gli investigatori arrivano alla 'ndrangheta che appoggia elettoralmente Di Girolamo. Si scopre così come l'allora avvocato e "riciclatore" Nicola Di Girolamo, diventa senatore della Repubblica. Prima con la falsificazione della residenza in Belgio. Qui entrano in ballo l'ambasciatore a Bruxelles, Sandro Maria Siggia, il funzionario del consolato a Bruxelles, Aldo Mattiussi. Quest'ultimo si adopera a procurare falsi documenti di residenza al candidato senatore, Nicola Di Girolamo, facendolo risultare residente da anni in Belgio. C'è anche la via ed un numero civico, il 143. Ma quel 143, in quella via non esiste. E quando Di Girolamo diventa senatore, alcuni giornalisti cominciano ad indagare sulla residenza all'estero del parlamentare. L'ambasciatore Siggia chiama Di Girolamo per avvertirlo dell'interesse dei giornalisti. E il senatore si preoccupa: "Ho la preoccupazione, non vorrei che fosse una manovra de questi (i giornalisti ndr) per rompe li c****** per dì che non sono residente lì (in Belgio ndr)".

Scrivono gli investigatori: "Ma è tutta la vicenda relativa all'elezione di Nicola Di Girolamo che è frutto di attività criminosa.. in Europa era ed è un perfetto sconosciuto". E di seguito vengono riportate le conversazioni degli "scrutatori" della 'ndrangheta che informano Di Girolamo, che poi li ringrazia per il "lavoro svolto". Gli "scrutatori" lo informano che hanno truccato molte schede e che un candidato dell'Udc era passato con Di Girolamo, portando 100 voti in più. Poi informano Di Girolamo che il giorno prima delle elezioni i galoppini calabresi erano andati anche in un quartiere turco di Stoccarda, dove vivono gli italiani più poveri, a caccia di voti. Per gli inquirenti, questi ed altri episodi documentati, dimostrano "i preoccupanti contatti di Nicola Di Girolamo, nel corso della campagna elettorale, con organizzazioni 'ndraghtiste calabresi, in particolare con Franco Pugliese, legato alla cosca Nicoscia ed Arena di Isola di Capo Rizzuto". E Pugliese, subito dopo la nomina ufficiale di Nicola Di Girolamo a senatore, chiama Gennaro Mokbel, lamentandosi di non essere stato ringraziato. Ed in questa intercettazione compare il nome del Presidente della Camera, Gianfranco Fini.

Pugliese: "A bello mio, io è da sabato che non dormo, ho perso la voce per questo cazz di elezioni e voi (Mokbel e Di Girolamo ndr) non mi chiamate, manco a dì fratello mio tutto a posto..". Mokbel: "Non t'ha chiamato Paolo Colosimo?". E Pugliese: "Ma non basta solo Paolo". Mokbel: "Poi ti spiego.. mo' ha chiamato Fini, stamattina. Fini. Gianfranco Fini".

mercoledì 24 febbraio 2010

Nello scandalo Fastweb gli Arena di Isola Capo Rizzuto.


La mafia calabrese ancora protagonista degli intrecci con la finanza e la politica.

E' quanto si documenta nell'inchiesta giudiziaria Phunchard-Broker che vede coinvolti alcuni dei protagonisti nel campo delle telecomunicazioni: una gigantesca rete di riciclaggio di denaro sporco con ramificazioni internazionali per un ammontare complessivo di circa due miliardi di euro e 400 milioni di Iva evasa, che vede coinvolte società come Fastweb e Sparkle Telecom Italia.

Due indagini distinte, una del Ros dei carabinieri e una del Nucleo di Polizia Valutaria della Guardia di finanza, che si sono incrociate.

La magistratura antimafia chiama in causa pure la 'ndrangheta crotonese, in particolare per l'elezione al Senato di Nicola Di Girolamo (Pdl) eletto nella circoscrizione estera Europa ed individuato come una delle menti finanziarie dietro alla maxi operazione di riciclaggio venuta alla luce in questi giorni.

Le indagini avrebbero appurato che si sarebbero tenute alcune riunioni a Isola di Capo Rizzuto con esponenti della 'ndrangheta per la raccolta di voti tra gli emigrati calabresi in Germania. Agli incontri avrebbero partecipato esponenti della cosca Arena.

La n'ndrangheta avrebbe avuto inoltre la diretta disponibilità di schede bianche per l'elezione dei candidati al Senato votati dagli italiani residenti all'estero (soprattutto a Stoccarda) e le avrebbero riempite con il nome di Nicola Di Girolamo.

Il senatore Nicola Di Girolamo ha replicato anche alle accuse di contatti con la 'ndrangheta. "Sono stato in Calabria, durante la campagna elettorale, a Pasqua, una sola volta, invitato dall'avvocato Colosimo per un incontro elettorale - ha detto - Se si vanno a consultare gli elenchi dei voti da me raccolti stilati dal ministero dell'Interno ci si accorgerebbe che io a Stoccarda, ho preso gli stessi voti che sono stati da me raccolti in altre città europee. Mi accusano anche di contatti con una realtà che ignoro completamente come quella della telefonia. Io, sì e no, so accendere il cellulare. Nulla di più. Mi sembra una situazione assurda, incredibile, al limite della realtà. Domattina risponderò punto per punto".

Proprio in relazione a questa inchiesta il 7 giugno 2008 venne emesso nei confronti di Di Girolamo una misura cautelare degli arresti domiciliari, con richiesta di autorizzazione all'arresto che però venne negata dal Senato.
Area locale

martedì 23 febbraio 2010

Radio Blackout sotto attacco

Nel pieno della campagna spegni la censura, accendi blackout!, ad un mese dalla scadenza prevista del contratto d'affitto con cui Chiamparino cerca di mettere a tacere una storica voce libera e indipendente della città, Radio Blackout subisce questa mattina un nuovo attacco censorio e intimidatorio. Con la scusa di un'operazione di polizia inconsistente, volta a criminalizzare l'Assemblea Antirazzista Torinese, che da mesi organizza appuntamenti pubblici di protesta contro l'orrore dei centri di identificazione ed espulsione, la radio viene di fatto sequestrata per più di 6 ore, impedendoci di andare in onda con il nostro consueto palinsesto di quotidiana contro-informazione. Per più di un'ora è stato anche staccato il segnale radio. Messi sotto sequestro apparecchiature informatiche fondamentali per la quotidiana attività della radio. La nuova grande operazione, fatta di 23 perquisizioni, 3 arresti cautelari in carcere e altre 3 custodie ai domiciliari è costruita, ancora una volta, su reati di scarsissima rilevanza penale: insulti, reati contro il patrimonio, resistenza e violenza a pubblico ufficiale e una generica associazione a delinquere. Tre dei colpiti da questi provvedimenti sono nostri redattori.

A ordire la trama contro i nemici pubblici, il sostituto Pm Andrea Padalino, già salito agli onori delle cronache per la proposta razzista di rendere obbligatorie le impronte digitali per gli/le immigrati/e. Radio Blackout non si è mai sottratta dal denunciare pubblicamente con la propria attività informativa le ossessioni xenofobe di questo pubblico ministero. Non ci stupisce che con la dilatata perquisizione mattutina della nostra sede (e con loperazione tutta) il Pm in odore di carriera cerchi anche una personale vendetta. L'indagine si sgonfierà presto, il tutto si risolverà ancora una volta in un nulla di fatto. Ma intanto, attraverso la scusa di misure cautelari, simprigionano e zittiscono le voci scomode.

Per parte nostra diamo tutta la nostra solidarietà agli arresati e denunciati. Come mezzo di comunicazione libero e indipendente denunciamo la pretestuosità di un attacco che giudichiamo censorio e intimidatorio. Un attacco che, guarda caso, cade in un momento particolare della vita di Radio blackout e della stessa città di Torino. Mentre si preparano le elezioni regionali e l'ostensione della sindone, le contraddizioni che attraversano la città e il territorio circostante restano tutte aperte: crisi, disoccupazione,casse integrazione che volgono al termine, lopposizione popolare all'Alta Velocità, le ribellioni dentro i Cie, il massacro della scuola pubblica. Si cerca insomma di normalizzare una delle poche voci libere della città. Ma Radio Blackout non si fa intimidire e rilancia: la data di scadenza sul tappo continuiamo a non vederla: Spegni la censura, accendi Blackout!

infoaut

lunedì 22 febbraio 2010

Carovana della Cub tra le fabbriche in crisi di Milano e provincia.


Quindi come si vede dal filmato, molte fabbriche non chiudono perchè in crisi, ma per speculare.

domenica 21 febbraio 2010

Roma ricorda Valerio Verbano, compagno di autonomia operaia ucciso dai fascisti.

"Valerio vive, un'idea non muore, la rivolta continua". 2000 compagni sfilano dietro lo striscione che apriva il corteo in ricordo dei trent'anni dall'uccisione di Valerio Verbano, giovane antifascista, militante di Autonomia Operaia, ucciso davanti ai genitori il 22 febbraio 1980 nella sua abitazione a Roma. Un omicidio che ancora presenta dei lati oscuri anche se non ci sono dubbi sulla sua matrice fascista. A tenere aperta la ricerca di una verità definitiva la madre Carla Verbano.

Roma, quartiere Montesacro, il 22 febbraio di trent'anni fa in questa zona nel quadrante est della capitale, veniva ucciso Valerio Verbano. L'episodio, per le sue modalità di svolgimento, l'assassinio a freddo davanti ai genitori immobilizzati, e i sui autori, i Nar, ancora oggi segna il tessuto e la memoria della città.
La memoria però anche quest'anno è stata tenuta viva da un corteo che si è snodato lungo le strade del quartiere aperto dallo striscione “«Valerio vive, un'idea non muore, la rivolta continua”. Circa 2000 giovani dei centri sociali, dei collettivi e studenti hanno dato vita ad una manifestazione che si è conclusa a Piazza Sempione dove è stato allestito un palco per i concerti, fra gli altri, di 99 Posse e Assalti Frontali.

Video reportage sul corteo: guarda video

Intervento della madre al concerto per Valerio:


Infoaut

venerdì 19 febbraio 2010

Spartaco Mortola da Genova alla Valle di Susa


Chi è Spartaco Mortola nato a Parma il 23 aprile 1959? Perchè l'hanno sdoganato da Genova a Torino?

Basta leggere alcune pagine del decreto di rinvio a giudizio del pm Mario Morisani (Procura della Repubblica di Genova) del 27 marzo 2008, emesso contro Giovanni De Gennaro, Francesco Colucci e Spartaco Mortola

Trattasi (al pari degli altri citati) di sbirracci o d'infimo ordine, senza scrupolo alcuno e con il più totale disprezzo della legalità. Peraltro tutti affetti da psicosi freudiane e forte acrimonia e ansiogena rancorosità (e perverso desiderio di rivalsa) nei confronti dei movimenti no-global e centri sociali (aspettatevi di vederlo onni-presente in tutti scenari caldi della provincia torinese).

E' l'uomo giusto al momento giusto. Uno che non ha paura di "sporcarsi le mani" e fare carte false per raggiungere gli obiettivi prefissi. A Genova sti filibustieri non si son fatti scrupolo di falsare verbali e testi inquinando quadri probatori e collocando bombe molotov dove avevano interesse a farle ritrovare (tenetelo ben presente quando a Torino si troveranno misteriose bombe quà e là).


E' proprio quel che ci vuole in questi giorni contro i NO-TAV. Ci vogliono poliziotti corrotti, come Mortolaccio nostro, sbirri cazzuti disposti a tutto, scevri da scrupoli qualora ci sia da massacrare chi manifesterà pacificamente in val Susa contro l'alta velocità e lo scempio ambientale approvato dal Governo Berlusconi.

L'unica nota stonata è che Mortola è osservato speciale (e dicono stia parecchio sui c****** a Caselli ...e non solo).

Quindi Mortola stia all'occhio, se pensa di fare anche sotto la mole le porcate fatte a Genova, sbaglia i conti... e addio promozione.
SPARTACO MORTOLA: attenzione a st'elemento!!!

Indymedia piemonte

Contrordine. Tutto fermo, tutti a casa.

Contrordine. Tutto fermo, tutti a casa. Dopo le polemiche, le contestazioni e gli scontri che anche la scorsa notte hanno causato feriti gravi tra i manifestanti e lievi tra le forze dell’ordine, cala il sipario sull’affaire Tav in Val di Susa. Cantieri chiusi e più di mezzo migliaio di militari e agenti richiamati dal Piemonte dalla sera alla mattina. Fino a quando? Finché i tecnici decideranno di riprendere i lavori, spiegano le fonti ufficiali. I cantieri non riapriranno prima di maggio, azzarda qualcuno. Di sicuro non prima delle elezioni regionali di marzo, assicura qualcun altro. A complicare le cose dal punto di vista dell’ordine pubblico ci potrebbe essere anche la Sindone. Il sacro lenzuolo verrà infatti esposto al pubblico a Torino dal 10 aprile al 23 maggio: due milioni i visitatori attesi.

Certo, la coincidenza di tempi con la scadenza elettorale non può passare inosservata. Soprattutto perché la questione Tav ha importanti risvolti politici, che preoccupano sia a destra sia a sinistra. In Val di Susa infatti la popolazione è per lo più contraria alla realizzazione della nuova ferrovia ad alta velocità sul tratto Torino-Lione, così come molti sindaci dei comuni coinvolti. Ad appoggiare il progetto europeo però non c’è solo il Governo ma anche il sindaco di Torino Sergio Chiamparino, il presidente della Provincia Antonio Saitta e quello della Regione Mercedes Bresso, tutti e tre del Pd.

Dissenso popolare, poliziotti e carabinieri in assetto antisommossa e scontri con feriti, a maggior ragione adesso che il livello del conflitto si stava alzando rischiando di sfuggire al controllo, non fanno bene a nessuno. La sospensione dei lavori è quindi provvidenziale. Via le trivelle, via i cantieri, niente più proteste dei dissidenti della valle. Smobilitato anche l’imponente apparato di sicurezza che aveva fatto parlare di vera militarizzazione della zona. Da gennaio infatti, cioè dall’inizio delle trivellazioni in decine di siti tra Torino e la Val di Susa, l’impiego di forze dell’ordine era diventato massiccio. I lavori sarebbero dovuti proseguire spediti secondo le rigide tabelle europee per non far sfumare i relativi finanziamenti e per evitare che i manifestanti li ostacolassero erano stati schierati centinaia di uomini. Circa 150 tra carabinieri, agenti di polizia, militari della Guardia di finanza e operatori della Guardia forestale, moltiplicati per quattro turni nell’arco delle 24 ore. Un apparato di sicurezza a guardia delle trivelle che si spostava da un sito all’altro, lontano dai riflettori dei media nazionali. Il livello di rischio era considerato talmente alto che i rinforzi sono arrivati da tutta Italia, anche da reparti delle forze dell’ordine che di solito vengono impiegati solamente in situazioni di estrema emergenza o nelle missioni all’estero.

Per ora non sono in programma altri sondaggi del terreno e quindi non c’è più bisogno di presidiare i siti, spiegano dalla Questura di Torino cha ha coordinato le misure di sicurezza. Era comunque previsto, secondo le autorità, che la prima tranche di indagini ambientali e del sottosuolo, cioè i cosiddetti “sondaggi” conoscitivi o “carotaggi” del progetto preliminare, si concludesse proprio ieri. Il sito Internet dedicato alla Torino-Lione segue in diretta l’avanzamento dei cantieri che toccheranno i vari comuni della Val di Susa e anticipa che i monitoraggi del terreno saranno in tutto 91, da effettuare tra la fine del 2009 e la primavera del 2010. Ogni sondaggio dura una o due settimane, quelli fatti finora sono solo 19.

I tempi quindi sembrano abbastanza stretti. A quando la prossima quota di lavori le fonti ufficiali non lo prevedono. Intanto i carabinieri e i poliziotti venuti dalle altre Regioni hanno ricevuto l’ordine di tornare alle proprie basi, la patata bollente della Tav è momentaneamente neutralizzata e la calma è tornata nella valle. Si pensa al voto.


http://tg24.sky.it/t...ri_sospesi.html

giovedì 18 febbraio 2010

Ad ogni azione ne corrisponde una uguale e contraria

Martedì 16 febbraio intorno alla mezzanotte. Questa volta manca un pelo. La trivella piazzata a Coldimosso di Susa, sotto il cavalcavia che oltrepassa l’autostrada viene intercettata dai No Tav, in allerta da ore, che quasi riescono a precederla. Volano manganellate per disperdere i primi arrivati. Seguono lunghe ore di assedio, con le forze dell’ordine e gli addetti alla trivella bersagliati da palle di neve e gavettoni, mentre il tubo per l’acqua viene più volte riposizionato. La mattina successiva sul sito de “La Stampa on line” la solita sequela di falsità: le palle di neve diventano sassi, l’acqua orina.


Mercoledì 17 febbraio, ore 17. I No Tav si ritrovano al presidio dell’autoporto a Susa e decidono di fare una passeggiata sino alla trivella. A Torino intanto una cinquantina di No Tav si ritrovano alla stazione di Porta Susa per un presidio informativo. La stazione è blindata.

Il corteo partito dall’autoporto arriva alla trivella. Qualche palla di neve e la polizia carica più volte. Cariche feroci. Chi cade viene massacrato. Un ragazzo, Simone, viene più volte colpito, cade. I poliziotti infieriscono su di lui mentre è a terra. Vomita sangue, non riesce più a muovere le gambe. Ad una donna spaccano la faccia infierendo ripetutamente sul volto, una ragazza riporta numerose ferite al capo. Molti altri guadagnano lividi ed escoriazioni.

Un No Tav grida ai poliziotti di aver puntato in modo esplicito a Simone e loro gli dicono “sì, quello lo conosciamo”. Già è normale: Simone è anarchico e gli anarchici facilmente si guadagnano le attenzioni delle forze del disordine statale.

I tre feriti vengono portati all’ospedale di Susa. La donna viene operata subito, la ragazza ricucita, ma purtroppo la situazione del ragazzo ferito alla testa è più grave. Ha un’emorragia cerebrale, non sente le gambe, vomita. Viene deciso il trasferimento alle Molinette a Torino.

Il tam tam No Tav scandisce presto la notizia dei gravi pestaggi di Susa. L’appuntamento è alla rotonda di Chianocco. I No tav bloccano la statale 24, la statale 25 e l’autostrada. Sulla A32 i poliziotti vengono sommersi di urla quando arriva la notizia che sta per arrivare l’ambulanza che porta Simone alle Molinette. In breve spariscono. Una colonna di poliziotti e carabinieri viene intercettata sulla 25 e non gli viene permesso di passare: l’indignazione per quanto è accaduto è altissima. La polizia spara lacrimogeni prima di andarsene. I blocchi terminano intorno a mezzanotte e trenta.

Simone arriva alle Molinette ma nemmeno qui viene lasciato in pace. La digos entra nella sala degenze del pronto soccorso. Compagni ed amici di Simone li cacciano con energia e chiamano l’avvocato. La nuova tac effettuata mostra che le sue condizioni restano gravi ma stabili. Simone viene finalmente trasferito in reparto.

Alcuni No Tav decidono di bloccare l’uscita dei camion che portano le copie della prima edizione de “La Stampa”, facendo un picchetto all’ingresso, in via Giordano Bruno 84. Quando, un’ora dopo, arriva la celere il presidio si scioglie.


A Condove, in gennaio la polizia aveva spaccato il braccio di Maurizio, un No Tav che contestava la trivella, la scorsa settimana, sull’autostrada, qualche manganellata aveva lasciato il segno. Ma a Coldimosso la polizia si è scatenata. In queste ore di attesa e trepidazione per la sorte del compagno ferito, sappiamo meglio quello che abbiamo sempre saputo. I signori del Tav e i loro servitori in divisa non si fermano davanti a niente. Le lunghe ore di blocco in valle sono la risposta di un movimento che resiste e non si fa spaventare dalla violenza legalizzata degli uomini in divisa.


Nuovo appuntamento giovedì 18 febbraio alle 11, davanti alla RAI in via Verdi.


Mercoledì 24 febbraio ore 17 presidio No Tav, in via Roma, davanti alla sede de “La Stampa”

mercoledì 17 febbraio 2010

Sanremo 2010 Pupo - Filiberto di Savoia - Italia amore mio


Tu non potevi ritornare pur non avendo fatto niente,
ma mai ti sei paragonato a chi ha sofferto veramente...
... stasera sono qui per dire al mondo e a Dio Italia amore mio.

lunedì 15 febbraio 2010

Fattallà

In virtù degli ultimi fatti di Milano,diciamocelo noi fattallà a tutti i razzisti, leghisti e naziskin.

Con noi non useranno ne manganello, ne olio di ricino, hanno armi più potenti...

sabato 13 febbraio 2010

venerdì 12 febbraio 2010

Suicida l'ultimo giorno di lavoro. L'azienda l'aveva messo in cassa integrazione.

Dramma del lavoro a Vinovo. Un giovane di 28 anni si è impiccato nel magazzino della cooperativa dove lavorava da tempo. L'azienda si occupava della manutenzione degli impianti alla spina di bevande e birra. E.V. , che rischiava la mobilità, avrebbe ricevuto l'indennità per 4 mesi grazie ad un accordo con la Regione Piemonte.

Un giovane di 28 anni, E.V., è stato trovato impiccato questa mattina all'interno di un magazzino a Vinovo (Torino). La motivazione del gesto potrebbe essere legata al rischio di perdere il posto di lavoro, considerata la situazione critica in cui versava l'azienda in cui lavorava. Nei giorni scorsi, infatti, la ditta aveva inoltrato domanda di messa in mobilità dei nove dipendenti garantendo la cassa integrazione per 4 mesi. In un biglietto indirizzato alla madre il giovane suicida chiede perdono, ma non aggiunge altro. A versare la cassa integrazione secondo un accordo sarebbe stata la Regione Piemonte che interviene nel caso di crisi in piccole aziende.

A trovare il cadavere, in un locale in uso alla cooperativa Tecnodrink in via Cervinia, è stato uno dei soci della stessa, che fino a poco tempo fa installava spillatori per birra per il gruppo danese Carlsberg. Dall'inizio dell'anno il gruppo Carlsberg aveva interrotto il rapporto di lavoro con tutte le piccole cooperative che in Italia installavano gli spillatori, passando a un unico appalto con il gruppo Coca Cola. La Tecnodrink, così, si era trovata senza il suo unico committente e i suoi sette lavoratori, tra dipendenti e soci, erano rimasti senza stipendio. Da qualche tempo il ragazzo aveva manifestato cattivo umore per la situazione. Fino al gesto di disperazione di questa mattina. Sul posto sono intervenuti i carabinieri della compagnia di Moncalieri.

La Repubblica

mercoledì 10 febbraio 2010

Comunicato NO TAV

Il movimento No Tav Val Susa, Val Sangone, Torino e Cintura ha diffuso ieri sera un comunicato per sconfessare «le bugie di Virano e delle forze dell’ordine» anche sugli scontri di ieri. Lo pubblichiamo per intero.

«Questa notte il signor Virano ha fatto installare una trivella per i carotaggi nell’autoporto di Susa, sempre di notte, come i malfattori. Il signor Virano mente sapendo di mentire quando dice che la maggioranza dei valsusini vuole il Tav, altrimenti non farebbe scortare di notte una trivella da centinaia di dipendenti statali in uniforme, lautamente pagati con varie indennità di trasferta, notturne e via dicendo. Per tutta la mattina e il pomeriggio è cresciuta la mobilitazione al presidio di Susa, con cortei e assemblee.
Verso le 19 c’è stata un’improvvisa carica della polizia che ha colpito alcuni manifestanti, fra cui un ragazzo in carrozzella, procurando ferite. La pacata e determinata reazione dei cittadini ha evitato che l’aggressione facesse degenerare la situazione. Immediatamente le agenzie hanno cominciato a parlare di un ferito tra i “tutori dell’ordine”.

Diffidiamo chiunque diffonda notizie false come questa.
Non risulta assolutamente, e lo dimostrano i filmati e le fotografie scattate nell’occasione, alcuna aggressione nei confronti di poliziotti o carabinieri. Del resto non ci stupiamo delle falsità che metodicamente vengono costruite per depistare dagli “errori” delle “forze dell’ordine”: la stessa tecnica fu adottata per coprire i poliziotti autori dell’aggressione al presidio di Venaus il 6 dicembre 2005 come gli atti processuali hanno bene evidenziato»


Movimento NoTav

Susa. Trivelle, manganelli, resistenza popolare


Assemblea, corteo, polizia che picchia, blocco dell'autostrada.
Cronaca di una giornata No Tav


Susa 9 febbraio 2010. È trascorso un mese dalla nascita del presidio No Tav/NoTrivelle all’autoporto lungo la A32. Dopo una decina di giorni di tregua, le truppe dello Stato iniziano una nuova offensiva per imporre la realizzazione della nuova linea tra Torino e Lyon. Intorno all’una e mezza di notte, accompagnata da un imponente spiegamento di forze, viene piazzata una trivella a circa a 500 metri dal presidio No Tav, nei pressi del parcheggio “Annibale 2000”, in località S. Giuliano. Parte il tam tam e sin dall’alba arriva gente.

Intorno alle 17 l’assemblea dura molto poco: si decide di andare a dare un’occhiata alla trivella e si parte sull’autostrada.

Nevica e fa un freddo cane, ma ci vuol altro a spaventare i No Tav, sempre più determinati a lottare contro un’opera inutile, dannosa, costosa.

In tanti prendono un ciocco dalla catasta della legna da ardere e battono con forza il guardrail. Un frastuono assordante, il pacifico grido di guerra dei No Tav.

A comandare la piazza c’è il vicequestore Spartaco Mortola, uno che la carriera se l’è costruita nel mattatoio del G8 di Genova 2001. Dopo un po’ una ventina di uomini dell’antisommossa si schiera davanti al corteo. Subito alzano i manganelli e colpiscono: uno alla testa, altri alle braccia. Un ragazzo disabile, un anarchico torinese, viene sbattuto giù dalla carrozzina. Ma il corteo non sbanda né indietreggia. I poliziotti lasciano sull’asfalto un paio di scudi ormai inservibili. Dopo un po’ i poliziotti si tirano indietro e il corteo prosegue sino alla statale 25. Nel frattempo decine e decine di lampeggianti blu bucano la notte. Davanti alla recinzione uomini in divisa e mezzi si agitano forsennatamente. La battitura aumenta di ritmo. Poi si torna in autostrada, davanti alla trivella. Il blocco va avanti per oltre mezz’ora. Grida indignate e fischi accompagnano l’arrivo di un mezzo della ditta che per quattro soldi si è schierata con i si tav.

Al ritorno dal presidio riprende l’assemblea.

Le manganellate di oggi dimostrano che il ministero dell’Interno è deciso ad imporre a tutti costi le trivellazioni. L’impegno per tutti è di moltiplicare le iniziative sul territorio, contrastando le trivelle, e gli interessi di chi lucra sulla vita e il futuro di noi tutti.


Prossimi appuntamenti:

- Ogni giorno, in caso di nuove trivelle presidi immediati per contrastare i sondaggi


- Mercoledì 10 febbraio, davanti alla stazione di Porta Nuova a Torino, presidio No Tav, punto info, aperitivo autogestito e assemblea.

Dalle 17 alle 20 all’uscita della metro.

Organizza: Torino e cintura: sarà dura. No Tav No Trivelle!

sabato 6 febbraio 2010

No al revisionismo! No a Casa Pound!



IMPORTANTE! - Domani 7 febbraio il gruppuscolo neofascista di CasaPound vorrebbe marciare per le strade di Torino, così come di molte altre città italiane, con la scusa di commemorare i “martiri delle foibe”.
CasaPound, resasi protagonisti in tutta Italia di azioni vigliaccamente squadriste, di aggressioni (sempre in venti a uno!) di immigrati, omosessuali e militanti della sinistra, è un gruppo dichiaratamente neofascista e razzista (ricordiamo, non ultima, l’affissione nella nostra città di alcuni stendardi che commemoravano la nascita del duce).
In tutta Italia negli ultimi mesi numerosissime sono state le mobilitazioni, da Torino a Napoli e lungo tutta la penisola, che hanno denunciato e impedito ai camerati di fare propaganda e azioni nelle strade, nelle scuole e nelle università.
Quest’ultima iniziativa di commemorazione dei “martiri” delle foibe si inserisce perfettamente nel clima revisionistico e negazionista che sta pervadendo la politica istituzionale e la “cultura” del nostro Paese: sempre più numerose sono le prese di posizione e le pubblicazioni che, sull’onda del successo del rovesciamo pansiano, cercano di riscrivere la nostra storia e di omologare i crimini nazisti e fascisti alla Resistenza partigiana e alla lotta antifascista che con forza e determinazione combatté in Italia e nell’Europa tutta.

Solo pochi mesi fa, nella centralissima piazza San Carlo, centinaia di antifascisti si erano mobilitati ed avevano impedito a CasaPound di fare la propria lurida propaganda fascista, razzista e sessista.
Ribadendo la necessità, a Torino come altrove, di non lasciare alcuno spazio a questi sordidi personaggi, scenderemo in piazza anche domani, perché non abbiamo mai delegato e continueremo a non delegare la pratica dell’antifascismo e di difesa dei nostri quartieri, e continueremo a non tollerare la presenza di sedicenti, seppur sparute, squadracce fasciste nelle strade della nostra città.

NESSUNO SPAZIO A NEOFASCISTI, SESSISTI E RAZZISTI!
NESSUNO SPAZIO AL REVISIONISMO!

Antifascisti/e Torino

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DOMENICA 7 FEBBRAIO
ORE 17.00 PIAZZA CIRENE (via Pietro Cossa ang. Via Pianezza)
PRESIDIO ANTIFASCISTA

giovedì 4 febbraio 2010

E' reato il coro contro la polizia


La Cassazione: è reato il coro contro la Polizia

Una pronuncia della Cassazione (la sentenza 4081 della Prima sezione penale) è destinata a incidere e non poco sulla vita negli stadi italiani, in particolare sui cori e gli slogan. Confermando la condanna a cinque mesi e 10 giorni di reclusione per uno dei capi della tifoseria del Crotone la Cassazione ha sottolineato che sono vietati, allo stadio, i cori degli ultras contro la Polizia, anche se gli insulti non sono riferiti ad un singolo agente ma a tutta la categoria della Polizia di Stato, che ha diritto al «rispetto e all'onorabilità di qualsiasi altra categoria professionale».

Il caso si riferisce a Gaetano S., che è stato condannato per istigazione all'ingiuria perchè con il megafono sollecitava gli altri ultrà - durante l'incontro Crotone-Reggina del 27 agosto 2006 - a ripetere slogan come "Celerino pezzo di m..... e "Poliziotto primo nemico" peraltro, in maniera del tutto gratuita e immotivata, perchè non c'era alcun disordine.

In primo grado il tifoso è stato assolto dal Gup di Crotone. La motivazione? Non era stato commesso alcun reato, dal momento che non aveva offeso una singola persona ma un'intera categoria, quindi l'incitamento ad offendere non poteva offendere i poliziotti presenti.

Nel maggio 2009 la Corte d'appello di Catanzaro ribaltò la sentenza sostenendo che «non si può avallare un'artificiosa distinzione tra i singoli appartenenti ad una categoria e la categoria stessa, dato che anche l'appartenenza ad una categoria costituisce parte integrante del patrimonio di onore e rispettabilità che occorre riconoscere anche ai singoli soggetti».

La Cassazione ha confermato questa linea e rafforzato il concetto. Per la Suprema corte l'onorabilità della Polizia di Stato va garantita «in maggior misura, in un caso come questo in esame, nel quale le espressioni offensive hanno formato oggetto di pubblico incitamento ad una denigrazione della Polizia di Stato del tutto gratuita e immotivata».

Roberto Stacca

Dentro lo stadio